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Da Londra a Milano via Meiringen

Di Marco Zatterin

LA BIBLIOTECA IN GIARDINO - 9 settembre 2000
CONVEGNO SHERLOCKIANO
Biblioteca Rionale Affori (Villa Litta) Viale Affori, 21, Milano

"Sarebbe perciò un grande piacere per me se lei volesse accompagnarmi sul Continente".

E' il 24 aprile del 1891 quando, a tarda sera, Sherlock Holmes pronuncia la magica frase con cui si apre la sua lunga e tragica corsa attraverso l'Europa. Ovvero sul Continente, parola che per i britannici assume un significato che va ben oltre quello indicato dal vocabolario. Continente è inteso come "altro da noi", è un sostantivo che incarna tutte le presunte differenze fra gli isolani della Regina e il resto del mondo. Da Londra non si va in Francia, in Belgio o in Olanda. I britannici vanno sul Continente, passano in un altro mondo, dal quale si sentono separati per volere divino. Holmes e Watson non fanno eccezione, anche l'investigatore invita l'amico ad un viaggio sul Continente. E' una scelta inevitabile, per ragioni di tradizioni ma anche di opportunità. La sfida finale con il Professor Moriarty non poteva che svolgersi in un altro universo, in campo neutro si direbbe oggi.

Sarebbe altrimenti difficile spiegare il motivo che spinge il detective oltre Manica, dove era stato sino a qualche giorno prima. Watson racconta infatti che nel corso dell'inverno del 1890 aveva avuto notizie dell'amico soltanto dai giornali. "Lessi che Holmes era stato richiesto dal governo francese per occuparsi di un caso di estrema importanza" che lo aveva condotto a Narbona e Nimes. "Fu perciò con una certa sorpresa - narra il dottore - che me lo vidi capitare nella mia sala di consultazione la sera del 24 aprile...pallido e più magro del consueto".

Holmes introduce il suo "Problema finale" con la cura di sempre. "Le circostanze recenti per le quali sono stato chiamato a coadiuvare con la famiglia reale di Scandinavia e la Repubblica francese mi hanno lasciato in una posizione tale che potrei continuare a vivere il resto dei miei giorni nella pace e nella tranquillità che mi sono care. Ma non potrei avere riposo, Watson, se sapessi che un uomo come il professor Moriarty passeggia impunemente per le vie di Londra".

"Quest'uomo è il Napoleone del delitto, Watson, è l-organizzatore di metà del male e di quasi tutto ciò che rimane impunito in questa grande città". Quest'uomo, come lo chiama Holmes, è un essere di capacità intellettuali pari a quelle dell'investigatore, un marionettista di atrocità che egli ammira per l'abilità e che quasi è riuscito ad incastrare. La polizia sta per avere le prove per arrestare Moriarty ed è evidente, dice Holmes, "che non mi resta altro da fare che andarmene durante i pochi giorni che ancora rimangono prima che la polizia sia libera di agire". Dove? Altrove rispetto all'Inghilterra, sul Continente, sperando di non essere inseguiti.

Watson accetta con entusiasmo e disciplina di abbandonare ancora una volta la moglie e seguire alla lettera le istruzioni del vecchio compagno. "Lei spedirà il suo bagaglio senza indirizzo alla stazione Victoria per mezzo di una persona di sua fiducia. Domattina manderà a prendere una vettura, ma farà in modo che il suo incaricato non scelga né la prima né la seconda che gli si presenteranno. Salterà in questa vettura e si farà portare alla confluenza dello Strand con la Lowther Arcade, mostrando l'indirizzo al vetturino su un foglio di carta, raccomandandogli di non gettarlo via. Tenga pronto in tasca il prezzo della corsa, e nel momento in cui la vettura si fermerà, si infili rapidamente attraverso l'Arcade facendo in modo di arrivare dall'altra parte alle nove e un quarto. Lì troverà un calessino ad aspettarla presso la curva del marciapiede. Lo guiderà un cocchiere che indosserà un pesante mantello nero con un colletto ornato di rosso. Lei salirà su questo calesse e giungerà a Victoria in tempo utile per prendere l'espresso per il Continente".

Il buon dottore esegue gli ordini alla perfezione. Ma, arrivato al treno che mancano sette minuti alla partenza, al posto di Holmes trova un "venerando prete italiano" che fa di tutto per salire nel suo scompartimento. "Il decrepito amico italiano", si scoprirà quando il convoglio si mette in movimento, non è altro che il signor Sherlock, come sempre pronto a concedersi con gigioneria alla platea dei lettori. "Mio caro Watson -sussurra con un risolino - lei non si è neppure degnato di augurarmi il buon giorno".

Ecco che l'avventura prende quota, segnata dalla costante preoccupazione che Holmes mostra nel voler far perdere le sue tracce. La coppia abbandona presto la via di Parigi, scende a Canterbury, inforca un treno per Newhaven e lì, dopo aver consumato un pasto al ristorante della stazione, si imbarca per la breve traversata. Quella sera stessa, il 26 aprile, i due arrivano a Bruxelles, la capitale del Belgio di Leopoldo II, senza le valigie, spedite astutamente (e inutilmente) a Parigi.

A ricostruirlo sugli Orari dei treni dell'epoca l'itinerario è contorto.

* Victoria Station, partenza h. 10 del 25 aprile
Herne Hill, h. 10.12
Chatham, h. 10.51
Canterbury, 11.29
Trasferimento ad Ashford Junction, via Chilham, Wye.
* Ashford Junction, partenza ore 12.40
Hastings, arrivo ore 14.03
Trasferimento a Lewes.
Lewes, partenza h. 15.05
Newhaven, arrivo ore 15.45
* Primo traghetto disponibile, h. 23.
(Le navi, sulla rotta per Dieppe, erano la Ss Normandy, la Ss Brittany, la Ss Rouen e la Ss Paris: quest'ultima era il massimo del comfort, con cabine di lusso, illuminazione elettrica, e scafo d'acciaio)
* Dieppe, partenza in treno ore 4.23.
Rouen, h. 5.48 coincidenza per Amien.
Amien partenza h. 11.02.
* Bruxelles, arrivo h. 18.05 del 26 aprile

Se Holmes, come gli agenti di Moriarty, avesse preso la linea diretta, il viaggio sarebbe stato più rapido.

Londra Charing Cross 7.40
Londra Cannon Street 7.45
Dover 9.30
Calais 12.35
Parigi 18.00

Watson e Holmes giunsero a Bruxelles con la convinzione di non essere seguiti. La città belga aveva, nel 1891, solo due stazioni. La Gare du Midi, centro terminale di tutti i convogli provenienti dalla Francia. E la Gare du Nord, trampolino per i treni diretti nei Paesi Bassi e verso Ovest, in Germania e Lussemburgo. A differenza di quanto avviene adesso, esse non erano collegate, la Gare Central e' stata costruita molto piu' tardi. Per raggiungerle occorreva un mezzo pubblico. Ed e' di questo che, in quella serata di primavera, Holmes e Watson si devono essere serviti per dirigersi verso il centro di Bruxelles alla ricerca di un posto dove passare la notte.

All'arrivo di Sherlock Holmes, la Gare du Midi era nuova di zecca, bellissima, piu' simile ad una chiesa che ad una stazione ferroviaria. Davanti ad un basso arco neoclassico dava il benvenuto il Boulevard Lemonnier, la risposta belga all'Haussmann parigino. Dovendo ripartire dalla Gare du Nord, e avendo la necessità di restare nei pressi di un buon ufficio postale, è probabile che i due amici di Baker Street volessero un albergo sull'asse del Boulevard Anspach, nei pressi di Place De Brouckere. Dietro l'angolo, su Place de la Monnaie, aveva (ed ha) sede la posta centrale. Il differenza è che il vecchio palazzo ottocentesco è stato distrutto e sostituito da una improponibile costruzione a stella, del tutto simile a Palazzo Berlaymont, la sede storica della Commissione CEE

Non abbiamo molte altre informazioni per identificare il luogo dove Holmes e Watson dormirono il 26 e il 27 aprile del 1891. Conoscendo le preferenze di Holmes, la prima scelta avrebbe potuto essere l'Hotel Metropole di Piazza De Brouckere, bel palazzo che l'architetto francese Albain Chambon ha creato sulle ceneri della Brasserie Wielemans-Ceuppens e del Café Metropole. Tuttavia, un fattore strettamente anagrafico - l'albergo è stato inaugurato nel 1894 - annulla l'ipotesi. Vale allora la seconda possibilità, l'Hotel Continental, sull'altro lato della piazza. Data la localizzazione e lo stile, Holmes si sarebbe senza dubbio diretto qui. Non è possibile controllare. Il monumentale palazzo che si vede già a pochi metri dalla Gare du Midi è adesso un edificio commerciale al cui piano terra si trova la filiale di una banca.

Nel resoconto de "Il Problema finale" leggiamo che Holmes e Watson inviano da Bruxelles, è il lunedì mattina, un telegramma alla polizia londinese. In serata, arriva la risposta in albergo ed è una brutta notizia. "Dovevo saperlo" grida il nasuto investigatore, Moriarty "è fuggito. Si sono impadroniti di tutta la banda ad eccezione di lui". Che fare? Il buon senso consiglia di riprendere la strada. Dalla Stazione del Nord i due amici partono il terzo giorno, il 28 aprile, per Strasburgo, il capoluogo alsaziano che i tedeschi hanno ripreso dai francesi di Napoleone III ventun anni prima. La tappa e' breve, non c'e' modo nemmeno di fermarsi per un riposo. "Discutemmo della cosa per mezz'ora nella "salle a' manger" della stazione...e quella notte stessa riprendemmo il nostro viaggio in direzione di Ginevra".

A questo punto si ha l'impressione che Holmes sia pronto alla grande sfida. Il viaggio, da una passeggiata sul Continente è diventato un fuga ed ora si sta trasformando in un appuntamento. Il detective ha capito che il professor Moriarty lo tallona, e non intende evitarlo. Lo affronterà, vada come vada, sarà il destino a decidere. In questo modo, anche a costo di perdere la vita, tenterà lui stesso di porre fine alla nefasta carriera del criminale, proverà a trionfare laddove Scotland Yard ha fallito. Se vincerà potrà dire di aver liberato il mondo.

La prosa di Watson è scorrevole. "Trascorremmo un'incantevole settimana di vagabondaggio risalendo la valle del Rodano e poi, uscendo a Leuk, ci dirigemmo al Passo di Gemmi ancora coperto di neve e, via Interlaken, arrivammo a Meiringen. Fu una gita deliziosa, col verde delicato della primavera sotto di noi e il bianco virgineo dell'inverno in alto; ma io avevo la sensazione che Holmes non dimenticasse mai, neppure per un istante, l'ombra che si stendeva sul suo cammino". "Rammento che una volta, nel superare il Gemmi, e mentre costeggiavamo il bordo malinconico del lago di Dauben, un grosso masso si stacco' dalla parete di roccia sulla nostra destra, rimbalzando e tuffandosi rumorosamente nel lago dietro di noi. Holmes...non disse nulla, ma mi sorrise con aria di intesa, come per farmi capire che ciò non era altro che un preavvertimento di quanto egli aveva preveduto".

Detto che da Strasburgo, la coppia di Baker Street avrebbe fatto prima a scendere lungo la valle del Reno, apprendiamo che i due viaggiatori giunsero "al piccolo villaggio di Meiringen nella giornata del 3 maggio" e alloggiarono "all'Englisher Hof che era allora gestito da Peter Steiler il vecchio". L'albergatore di quello che oggi si chiama Parc Hotel Sauvage (fondato nel 1880)era, secondo Watson, "un uomo intelligente e parlava un ottimo inglese, avendo servito per tre anni in qualità di cameriere al Grosvenor Hotel di Londra". Seguendo un suo consiglio, Holmes e l'amico ripresero la marcia "il pomeriggio del 4 con l'intenzione di attraversare le colline e di spendere la notte al villaggetto di Rosenlaui". "Ci fu fatto però monito - sottolinea Watson - di non oltrepassare la cascata del Reichenbach, a circa un miglio e mezzo a nord, senza fare un piccolo giro per ammirarla".

"Indeed a fearful place" scrive il biografo sherlockiano, quasi incredulo di fronte alla potenza della natura. "Il torrente, gonfiato dalla neve, sciogliendosi si tuffa in un abisso spaventoso, da cui la spuma si alza simile al fumo che emana da una casa incendiata. Il canalone in cui il torrente si getta è una voragine immensa, fiancheggiata da rocce scintillanti e nere come il carbone, finché esso finisce per restringersi in un pozzo ribollente e schiumoso di profondità incalcolabile, che trabocca, facendo sprizzare la fiumana dalle sue labbra corrose...Ci fermammo a contemplare lo scintillio dell'acqua... e ad ascoltare l'inumano clamore che veniva rimbombando dall'abisso..".

La violenza delle immagini prelude al colpo di scena. Un ragazzotto svizzero incrocia i due amici sul bordo della cascata e li informa che una signora inglese si trova in condizioni pietosissime nel villaggio di Meiringen. Bisogna intervenire, dice, è un caso di "carità cristiana". Watson indugia un attimo. Poi, ritrovando nell'attimo sbagliato la sua vocazione medica, fa dietro-front, lascia Holmes con il giovane messaggero e gli dà appuntamento a Rosenlaui. Ma nessuno dei due approderà mai alla piccola località alpina.

Holmes è infatti raggiunto dal professor Moriarty che lo invita ad un corpo a corpo mortale. L'investigatore chiede tempo per lasciare un biglietto all'amico. Poi comincia il combattimento, tremendo, senza esclusione di colpi. Che si conclude, "com'era inevitabile date le circostanze, nel loro rovesciamento nell'abisso, avvinghiati l'uno alle braccia dell'altro". Watson fa giusto in tempo a scoprire che il messaggio è falso, che non c'è nessuna signora inglese. E' disperato, ha compreso il trucco. Corre verso le cascate dove il peggio è già successo. Sherlock Holmes è morto e con lui il cattivissimo ed ingegnoso professore. Al dottore non resta altro che piangere la scomparsa del "migliore e più retto degli uomini" e incominciare un mesto ritorno verso Londra.

E' noto che Sherlock Holmes sopravvisse al Professor Moriarty. Il detective ricompare infatti la sera del 31 marzo del 1894, nella casa di Watson a Kensington, travestito da "collezionista bibliofilo", un uomo dalla "faccia aguzza e rugosa" che "sporgeva curiosamente da una cornice di chiome bianche". Lo aveva salvato il baritsu - la micidiale lotta giapponese - era riuscito ad avere la meglio sul Napoleone del Crimine e di farlo precipitare nelle cascate di Meiringen. "Sporto sull'abisso, lo vidi cadere a lungo, poi urtare contro un masso, rimbalzare e affondare nell'acqua".

Holmes osservò la scena dalla parete vicino alla cascata, dove un nuovo assalto degli uomini del Professore lo persuase a cambiare aria. "Con l'aiuto di Dio, riuscii a mettere i piedi a terra sul terreno, lacero e sanguinante, ma sano e salvo. Me la diedi a gambe. Corsi per dieci miglia di montagna nell'oscurità".

E' l'inizio del Grande Hiatus. "Una settimana più tardi - racconta Holmes - arrivai a Firenze con la sicurezza che nessuno al mondo sapesse che cosa era realmente accaduto di me". Era già diventato l'esploratore norvegese Sigerson, identità scelta per far perdere a tutti - meno che a suo fratello Mycroft - le proprie tracce.

Che strada seguì? Scartiamo il Rosenlaui e le sue splendide gole: è una strada senza uscita all'ombra dei 3700 metri del Wetterhorn. Holmes deve aver puntato alla Ferrovia più vicina, il che vuol dire misurarsi con i cinquanta chilometri della pista verso il Sustenpass (2224 metri di altitudine) accanto due torrenti che ancora sembrano guardarsi allo specchio, il Nessental e il Meiental. Sceso ai novecento metri di Wassen sarebbe stato facile prendere il treno e attraversare la galleria del Gottardo aperta dieci anni prima. Poi Airolo, Biasca, Bellinzona, Lugano, Como, e finalmente Milano. C'è da credere che abbia impiegato poco più di quanto ci vuole oggi.

La stazione centrale meneghina, che non è quella odierna, era stata costruita a partire dal 1857 e serviva già da tempo i quattrocentomila abitanti della metropoli. Sulla permanenza di Holmes all'ombra della madonina si può solo scommettere, questo non sarebbe piaciuto al nostro investigatore. Un'eventuale visita al Duomo può solo essere immaginata e comunque il tempo a disposizione fu poco. Via Bologna, e con la vecchia Porrettana, il Signor Sherlock era a Firenze l'11 maggio del 1891.

Lo aspettava a quel punto un viaggio di migliaia di chilometri, India, Tibet, Egitto, Francia e ancora Londra. Vengono in mente le parole con cui Jules Verne chiude il suo "Giro del mondo in 80 giorni". "Che cosa aveva guadagnato (Phileas Fogg) da quella serie di trasferimenti? quale profitto aveva tratto da quel viaggio?" si chiede lo scrittore francese. "Niente, direte - è la risposta - ebbene, niente, tranne una moglie deliziosa, che, per quanto ciò possa sembrare inverosimile, fece di lui il più felici degli uomini". E Holmes? Cosa aveva avuto per tutto questo peregrinare? Non una moglie, questo lo sappiamo. Tuttavia, oltre al bagaglio di conoscenze ed esperienza cumulate, egli ebbe forse modo di riflettere su sé stesso, l'amicizia, la sua Londra, la sua linfa vitale. Nei tre anni del Grande Hiatus, sembra che la Gran Bretagna sia stata sconvolta dalla delinquenza, che la polizia abbia potuto fare ben poco per arrestare l'ondata di criminalità. Per altri tredici, Holmes avrebbe vigilato sulla capitale, senza che nessuno avesse di che lamentarsi. Criminali esclusi, naturalmente.

Q.E.D.