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Il tesoro di Francis Drake

di Luca Martinelli

Non vedevo Sherlock Holmes da alcune settimane, e mai mi sarei aspettato di incontrarlo in una sera di tempo infame come quella del 16 gennaio 1891; né immaginavo che i singolari eventi di quei giorni presagissero i nefasti avvenimenti che si sarebbero poi compiuti alcuni mesi più tardi. Gli esiti della sfida che Holmes ingaggiò nel corso delle circostanze che sto per riferire furono, sul momento, e solo sotto il profilo pratico, deludenti; ma fu grazie a quel parziale insuccesso che il mio geniale amico riuscì, in seguito, in una delle imprese più importanti della sua carriera di detective.

Quel giorno, fedele a quanti la dipingono come una città umida e nebbiosa, Londra soffocava sotto una spessa coltre di foschia lattiginosa e impenetrabile. I suoi quattro milioni di abitanti, che animavano quel formicaio umano delle più svariate e frenetiche attività, parevano come scomparsi d'incanto. Già dalle prime ore del pomeriggio tutti coloro che avevano potuto, ed erano la stragrande maggioranza, si erano rintanati nel chiuso delle loro case. Io stesso, non avendo visite urgenti, ed essendo mia moglie partita la sera precedente per trascorrere alcuni giorni a casa della madre, avevo chiuso l'ambulatorio in anticipo e, messomi in pantofole e giacca da camera, mi ero immerso nella lettura del British Medical Journal. A intervalli quasi regolari mi interrompevo per attizzare il fuoco e bere un sorso di whisky, e ogni volta, scrutando tristemente fuori della finestra, mi crogiolavo al pensiero di poter godere del caldo tepore della mia casa.

Era quasi ora di cena e stavo ancora leggendo un ponderoso articolo sulle malattie esotiche quando tre colpi secchi alla porta di ingresso mi fecero sobbalzare sulla poltrona. Temetti la richiesta di aiuto di un paziente; invece, la cameriera introdusse in salotto la figura esile ed emaciata del mio amico Sherlock Holmes.

- Spero di non giungere in un momento poco opportuno -, gracchiò saltando il convenevole dei saluti.

Ero felice di vederlo, eppure non riuscii a dimostrarglielo. Lo osservai avvicinarsi al fuoco e accendersi una sigaretta, ma sul suo viso non notai il segno della benché minima espressione. Aveva lo sguardo freddo e perso nel vuoto.

- Qualcosa non va, Holmes? Con questa nebbia disgraziata...

- Se con codesta insulsa domanda intende indagare sul mio stato di salute - sibilò, - posso rassicurarla che è tutto a posto. Se invece intende sincerarsi di come procedono le indagini del caso di cui mi sto occupando, la risposta è ancora più semplice: è tutto a posto, visto che non ho casi da studiare.

Ecco il problema; il grande detective stava attraversando uno dei suoi rari ma terribili momenti di inattività e la decisione di lasciare la calda quiete dell'appartamento di Baker Street in una sera così umida e nebbiosa doveva, dunque, essere il disperato tentativo di reagire allo stato depressivo di cui era caduto vittima. E mi sorprendeva, prostrato com'era, che non avesse ceduto al richiamo della cocaina; ma non intesi certo stuzzicarlo su questo argomento.

- Il crimine è andato in letargo -, sbottò Holmes d'improvviso lasciandosi cadere su una delle poltrone.

- È soltanto colpa della nebbia - mentii con disinvoltura, ben sapendo che dall'epoca dell'Avventura del diadema di berilli non si era più avuto sentore né di truffe, né di furti, né di omicidi.

- Via, Watson, non faccia l'ingenuo. La nebbia è calata solo da questa mattina e i crimini degni di questo nome mancano agli onori delle cronache da almeno venti giorni.

- Non ci saranno casi eclatanti, ma qualcosa deve pur succedere -, provai a consolarlo.

- Nemmeno l'ombra di una banale lite matrimoniale, amico mio. Ecco, guardi tutto ciò che è degno di nota -, disse acido, estraendo la copia del Times da una tasca del soprabito. - Lasciamo perdere la cronaca, assolutamente insignificante, e veniamo agli annunci: "Le galline non fanno le uova"; "Il cane non è un pastore, ma le pecore lo temono"... Notevole, Watson; tutto ciò è assolutamente notevole. Mi dica che senso ha tutto questo, se quel che ci accade intorno non ha niente a che fare con simili esemplari della fauna terrestre. E non mi dica che potrebbero essere messaggi in codice, perché mi ci sono arrovellato la mente per niente. Si tratta soltanto di una combriccola di idioti in vena di celie. No, amico mio, la verità è che i criminali hanno lasciato Londra, sono andati in vacanza. Forse dovrei farmi da parte, per incoraggiarli ad uscire allo scoperto.

La sua logica stringente, inalterata nonostante lo stato di frustrazione in cui si dibatteva, mi disarmò. Rimanemmo muti per diverso tempo, finché il fumante porridge che la cameriera ci servì per cena ci trasse di impaccio. Non so se fu per effetto del pasto caldo o dell'ottimo tabacco che potei offrirgli dopo cena, ma una volta che ci fummo spostati davanti al fuoco il mio vecchio amico si mostrò assai più disteso e disponibile, e non dovetti insistere molto per convincerlo a passare la notte da me, evitandogli così un altro impossibile viaggio in quella nebbia disumana.

Il mattino successivo, alle otto, lo trovai nel salotto vestito di tutto punto e già intento alla lettura dei giornali.

- Ben svegliato, Watson; immagino conoscerà l'adagio "chi dorme non piglia pesci" -, brontolò di cattivo umore.

Lo guardai attonito.

- I dintorni di Tavistock stanno decisamente diventando luoghi di caccia interessante.

Ricordavo bene la pittoresca cittadina del Devon, vicino alla quale, solo qualche mese prima, Holmes aveva straordinariamente risolto il caso Silver Blaze, ma davvero non capivo cosa ora il mio amico volesse dire.

- Ma di cosa sta parlando? - chiesi.

- Ce l'hanno fatta sotto il naso, Watson; un colpo audace e inspiegabile... ma già, dimenticavo, non ha ancora letto i giornali. Ecco, guardi; legga lei stesso.

Presi la copia del Telegraph che mi porse con un gesto di stizza e lessi il trafiletto che aveva attirato la sua attenzione:

"MISTERIOSO FURTO A BUCKLAND ABBEY. RUBATI I DIARI DI SIR FRANCIS DRAKE.

Un inspiegabile crimine è stato denunciato ieri mattina alla polizia di Tavistock, nel Devon. Si tratta del furto dei diari di bordo di sir Francis Drake, l'eroico navigatore che servì Sua Maestà britannica Elisabetta nella guerra di "corsa" contro le colonie spagnole in Sudamerica e nella battaglia contro l'"Invicible Armada". Il valore commerciale dei diari è pressoché insignificante, ma il loro valore storico per quanto attiene le vicende della pirateria è, a detta degli studiosi, inestimabile. I diari, conservati insieme ad altri cimeli, sono stati trafugati da Buckland Abbey, l'antica abbazia benedettina a sud di Tavistock che il famoso ammiraglio trasformò in sua residenza privata e che oggi raccoglie, come in una sorta di museo, tutto quanto gli appartenne. Il colpo è opera di almeno tre malfattori, perché durante il sopralluogo di rito il sergente Gary Maday ha rinvenuto sul prato antistante la residenza di sir Drake le impronte di tre diversi tipi di calzature da uomo. I ladri, divelta la grata di protezione e forzata una delle finestre del piano terra, sono penetrati nell'ex abbazia raggiungendo poi la stanza della biblioteca. E qui, tagliata la lastra di vetro della teca nella quale si conservavano i diari di sir Drake, si sono impadroniti dei quattro manoscritti e si sono volatilizzati. Secondo quanto dichiarato da Herbert Blur, da quasi trent'anni guardiano di Buckland Abbey, durante il giro di controllo effettuato l'altro ieri prima della chiusura serale risultava tutto perfettamente in ordine. Sulla base di queste dichiarazioni, il sergente Maday, che pure ammette di non avere idea di chi possa aver compiuto il crimine, ritiene che il furto sia stato commesso nel corso della notte del 26 o all'alba del 27".

- È incredibile - commentai appoggiando il giornale sul tavolo. - Perché rubare qualcosa che non può procurare alcuna ricchezza?

- Eccoci al punto che rende interessante questo furto. Come avrà letto sui libri di storia, caro Watson, a Buckland Abbey si conserva quello che comunemente viene definito il "Tesoro di Francis Drake". In realtà, gli oggetti preziosi, per lo più candelabri e posateria d'oro e d'argento, rappresentano la minima parte della grandiosa collezione di cimeli raccolti durante le scorrerie sulle coste del Messico e nei Caraibi, poiché i veri tesori, le casse di dobloni d'oro e pietre preziose sottratte agli spagnoli, finirono nelle voraci casse della Regina Elisabetta. Nella vecchia casa del navigatore si conservano per lo più armi, capi di vestiario, carte geografiche e documenti dell'epoca. L'aspetto più affascinante ed economicamente più interessante della raccolta di Buckland Abbey è semmai quello relativo ai cimeli recuperati a bordo della Golden Hind, la mitica nave di sir Drake. Accanto ad una ricca collezione di profumi, furono recuperati, infatti, anche alcuni preziosissimi violini e violoncelli. Non si tratta dei melodiosi e struggenti strumenti sonori che più tardi avrebbe plasmato il divino Stradivari, ma senza dubbio quei violini sono tra i pochi esemplari superstiti di quell'epoca ormai lontanissima. E fra tutto questo ben di Dio che un collezionista pagherebbe profumatamente - concluse Holmes - i nostri ladri che fanno? Rubano dei diari del valore di poche sterline. Tutto ciò è assai inverosimile. Non conosco ladri disposti a rischiare anni di carcere per rubare oggetti di nessun valore commerciale.

Le ombre dell'apatia e dell'indifferenza verso la vita, così come la patina di infinita tristezza che la sera prima gli scavava le guance quasi livide, erano svanite d'incanto dal suo viso lungo e magro.

- Forse un collezionista di vecchi documenti... -, azzardai.

- È un'ipotesi come un'altra, ma la ritengo assolutamente priva di qualsiasi fondamento - disse congiungendo le dita delle mani e socchiudendo gli occhi. - Cerchiamo di partire dai fatti, Watson. C'è stato un furto e, da quel che racconta il giornale, ci troviamo alle prese con dei professionisti di prim'ordine, perché hanno agito in fretta, portando via soltanto ciò che interessava loro. Dei ladruncoli comuni avrebbero arraffato quel che capitava sotto mano, attratti soprattutto dagli ori e dagli argenti. Qui, invece, siamo alle prese, scusi il paragone, con dei chirurghi sopraffini. Per qualche oscuro motivo volevano impadronirsi dei diari di sir Drake e lo hanno fatto curandosi soltanto di essi. È come se avessero voluto lanciare una sfida... ma quale, mi domando? quale?

Per quanto fossi abituato a seguire lo sviluppo logico dei suoi ragionamenti, quella mattina faticavo più del solito a comprenderne la loro essenza più intima e l'urgente richiesta di aiuto da parte di un paziente mi fece intimamente tirare un sospiro di sollievo.

- Si dedichi pure ai suoi malati, Watson. Se non le dispiace, però, la incontrerei volentieri domani in Baker Street, per l'ora del tè. Sono convinto che il furto dei diari di sir Drake si rivelerà un caso assai interessante.

L'idea di tornare ad affrontare a tempo pieno un'indagine al fianco di Sherlock Holmes stuzzicò i miei pensieri per l'intera giornata, cosicché il pomeriggio successivo, terminate le visite, affidai lo studio nelle mani del giovane dottor Sam Adams e già prima delle cinque mi trovai nel vecchio appartamento di Baker Street. Holmes non era ancora rientrato e la signora Hudson, premurosa come al solito, mi pregò di attenderlo nel salottino dove tante delle nostre avventure avevano avuto inizio. Comodamente seduto nella mia solita poltrona, avevo già cominciato a cedere alle sirene dei tanti ricordi legati a quella stanza quando la voce del mio amico mi riportò bruscamente alla realtà:

- Sono felice che abbia accettato il mio invito - disse caricando la sua pipa e passandomi la babbuccia persiana nella quale conservava il tabacco migliore. - La faccenda di Buckland Abbey è davvero singolare. Ho trascorso il pomeriggio di ieri nel Devon in compagnia dell'ispettore Lestrade e... Ci porta qualche novità, ispettore? -, si informò Holmes rivolgendo lo sguardo verso la porta, dove Lestrade, torvo in volto e con i muscoli tesi come una pelle di tamburo, era apparso come per magia.

- Non il minimo progresso - sbraitò. - Lei stesso ha perlustrato la vecchia abbazia e a meno non voglia nascondermi qualcuna delle sue bizzarre scoperte il resoconto del Telegraph è esattamente ciò che dovrò scrivere nel mio rapporto. I miei superiori non la prenderanno bene, né ne saranno felici nelle stanze del governo.

- Sono dispiaciuto di non poterla aiutare, Lestrade. Ho raccolto alcune informazioni sulla natura dei diari di sir Drake, ma i nostri massimi esperti di storia della marineria inglese, il professor Peter Forber e il professor Edwin Wyman, ritengono che il manoscritto non contenga nulla di interessante sul piano extra storico.

- Forse i ladri stanno cercando la mappa di un antico tesoro -, ipotizzai accendendo la mia pipa.

- Già, se ci sono di mezzo i pirati deve esserci di mezzo anche un tesoro nascosto - mi canzonò Holmes. - La sua teoria è affascinante, ma Forber e Wyman escludono categoricamente questa ipotesi. La particolarità delle carte di sir Drake, a differenza di altri diari della pirateria, è proprio quella di non contenere riferimenti di sorta a tesori nascosti o mappe misteriose. Esiste senz'altro un'altra spiegazione per questo singolare furto; una spiegazione ben più terrena e più logica che non le solite, trite e melense invenzioni dei romanzi. La letteratura, Watson, è un'arte assolutamente priva di rigore scientifico, il contraltare stesso della criminologia.

Non credo che Holmes volesse rivolgermi un rimprovero, ma nelle sue parole avvertii comunque il sapore amaro della critica per il cedimento al gusto del romanzato del quale egli si era spesso lamentato leggendo i resoconti dei suoi casi più insoliti che ho avuto l'onore di pubblicare.

- Tuttavia...

- Si è fatto tardi - disse Lestrade interrompendomi e avviandosi alla porta; - la terrò comunque informata delle indagini, Holmes.

- Gliene sarò grato, ispettore; e stia certo che se maturerà una qualche novità dalle mie ricerche verrò a trovarla alla centrale.

I due giorni successivi trascorsero senza che la polizia o il mio amico facessero passi avanti. Holmes usciva la mattina presto e rientrava solo all'ora del tè. Era silenzioso e ombroso, e fumava una quantità di tabacco impressionante. Cominciavo a temere che l'entusiasmo con il quale avevo accettato di tornare al fianco di quel segugio eccezionale mi avesse giocato un brutto tiro. Il lunedì mattina, però, accadde qualcosa che cancellò dai nostri pensieri sir Drake e l'incredibile sparizione dei suoi diari. Tra la posta che la signora Hudson ci consegnò dopo la colazione una busta con il timbro a secco dell'Union Club, recapitataci con tutta probabilità da un fattorino, colpì la mia attenzione.

- È diventato socio dell'Union Club, Holmes?

- No, Watson; ma ne conosco l'indirizzo - rispose posando sulle ginocchia la copia del Telegraph che aveva appena cominciato a leggere; - un buon detective deve sapere quali club animino la vita della città in cui lavora. Ma cosa ci scrivono? Legga, Watson, sono proprio curioso di saperlo.

Il biglietto conteneva un breve, allarmato messaggio:

"Una tragedia immensa ha sconvolto il nostro Club. Sarò da lei alle 9,15. Edmon O'Hara".

- Dei testardi e focosi irlandesi che chiedono aiuto è davvero un evento straordinario, Watson. Ritengo che avremo un caso interessante al quale dedicare le nostre energie represse; ma se non sbaglio, ecco il nostro O'Hara.

Due colpi decisi alla porta annunciarono il suo arrivo. O'Hara era un uomo alto e di corporatura massiccia. Sotto un ampio soprabito nero logorato dall'uso indossava un completo di Tweed di taglio ordinario, ma pulito e ben stirato. Aveva un portamento quasi maestoso che lo faceva sembrare dieci anni più giovane dei sessanta che doveva averne, e anche se Holmes non mi avesse anticipato che avevamo a che fare con un cocciuto irlandese non mi sarebbe stato difficile intuirlo: quegli occhi di un verde tenue, quelle efelidi sopra gli zigomi e quei capelli d'un rosso quasi carota non lasciavano spazio all'immaginazione.

- È incredibile, signor Holmes, lei è identico alle descrizioni che si leggono nei resoconti delle sue imprese -, disse l'uomo con una certa emozione andando incontro al mio amico.

- Devo allora pensare, signor O'Hara, che le farà piacere conoscere l'uomo a cui devo tanta notorietà. Questi - osservò indicandomi - è il dottor Watson, mio grande amico e biografo.

L'irlandese mi strinse la mano vigorosamente. Poi, con la stessa decisione, si rivolse ad Holmes con una profonda voce da tenore:

- L'Union Club, che ho l'onore di rappresentare in qualità di presidente di turno, ha bisogno del suo aiuto, signor Holmes. Il nostro tesoriere è stato assassinato e noi vogliamo che sia fatta giustizia.

- Io non sono un giudice, signor O'Hara; il mio unico scopo, nei limiti dell'umanamente possibile, è solo quello di stabilire la verità. Comunque, immagino che la polizia si sia già fatta un'idea precisa dell'accaduto.

- No, signor Holmes; la polizia è ancora all'oscuro di tutto. Il desiderio dei soci del Club, per quanto si tratti al momento di una mia decisione personale non avendo potuto riunire il consiglio, è che la polizia debba rimanere estranea a questa faccenda. Lei saprà senz'altro che l'Union Club è un'istituzione che accetta solo soci di origine irlandese con il fine di salvaguardare e tramandare le tradizioni della nostra terra: i canti, i balli, i giochi. È un modo per sentirsi in famiglia nonostante la lontananza dalla patria. Le sarà anche noto che il Club bandisce rigorosamente dalle sue stanze la politica. Ora, signor Holmes, assai di recente, abbiamo avuto qualche guaio di troppo con la polizia, la quale era convinta che il Club fosse in realtà il paravento di una organizzazione indipendentista.

- Sì, sono a conoscenza di queste spiacevoli circostanze. Il caso Parnell ha schizzato fango un po' ovunque.

- Mi conforta che lei conosca la questione, signor Holmes. Faticammo oltremodo per dimostrare l'estraneità dell'Union Club in quell'assurdo complotto e credo che comprenderà la nostra volontà di tenerci alla larga da Scotland Yard.

- Non sarà facile tenere la polizia all'oscuro di un caso di omicidio -, esclamai.

- Sarà impossibile - mi corresse Holmes. Poi, con il suo convincente tono tranquillo, aggiunse: - Le sue preoccupazioni sono comprensibili, signor O'Hara, ma non possiamo scavalcare la legge. Le assicuro che agiremo con la massima discrezione e che la polizia non rivangherà il passato. Ma la prego, ci racconti tutto nei minimi dettagli.

- D'accordo, signor Holmes, ci affidiamo al suo buon senso. Come le ho detto, il nostro tesoriere, Bernie Jordan, è stato ucciso questa notte nello studio della sua casa. Ieri sera, dopo una piacevole conversazione al bar del Club, Bernie ed io ci chiudemmo nell'ufficio di presidenza per controllare alcuni conti da inserire nel bilancio annuale. Terminammo il lavoro alle undici e un quarto e Bernie mi salutò dandomi appuntamento per questa mattina alle otto a casa sua. Mi disse che prima di coricarsi avrebbe finito di compilare il bilancio e che desiderava che lo vedessi prima di consegnarlo ai membri del consiglio in vista dell'assemblea dei soci. Bernie era molto pignolo e non consegnava mai un documento se non lo aveva sviscerato e discusso in tutti i suoi aspetti. Così, accettai l'invito e alle otto in punto di questa mattina ero davanti al numero 4 di Minus Street. Il portone era chiuso e la cosa mi sorprese negativamente. Vede, signor Holmes, Bernie abita al secondo piano della palazzina, le sue stanze sono prive di campanello e se deve ricevere una visita è solito scendere qualche minuto prima dell'orario convenuto ad aprire il portone, per evitare disturbi ai suoi anziani padroni di casa. La sua negligenza, considerando oltretutto che la finestra del suo soggiorno era invece spalancata e che non mi aveva avvertito per rinviare il nostro appuntamento, mi apparve perciò assai strana. Ero molto nervoso, così suonai il campanello dei padroni di casa, che ormai conosco da molti anni. Mi aprì la vecchia signora Palthraw e quando le chiesi notizie di Bernie, ella mi raccontò di averlo sentito muoversi per casa fino a tarda notte e di essere certa che in quel momento stesse ancora dormendo. Nonostante quella spiegazione, non mi sentivo tranquillo. L'anomalia della finestra aperta mi inquietava e, ottenuto il permesso di entrare, salii in fretta gli scalini fino al secondo piano. Quando giunsi sul pianerottolo mi sentii raggelare. La porta d'ingresso era aperta e attraverso di essa vidi il corpo immobile del mio amico seduto alla scrivania, con le braccia e la testa abbandonate sul piano da lavoro. Mi avvicinai con cautela, ma nelle due stanze dell'appartamento non c'era segno di altre presenze tranne la mia e quella di Bernie. Il mio amico era morto; il polso non aveva battito, e il viso era rigido e gelido come un pezzo di ghiaccio. A causa della finestra aperta nella stanza c'era un freddo terrificante, ma cominciai lo stesso a sudare come mi è successo soltanto sotto la canicola dell'India. Ero sconvolto e sentivo di avere bisogno di aiuto; però, non volevo complicazioni con la polizia. È per questo che ho deciso di scriverle.

Il nostro ospite sospirò profondamente prima di lasciarsi cadere seduto sulla poltrona di fronte a quella di Holmes. Il mio amico, senza badargli, alzò gli occhi al soffitto assumendo quell'aria svagata tipica del suo stato di massima concentrazione.

- Signor O'Hara - osservò Holmes d'un tratto, - lei ci ha raccontato di aver trovato il signor Jordan morto, ma non ci ha fornito il minimo indizio per convalidare il suo sospetto d'omicidio.

- In effetti, signor Holmes - riprese O'Hara in tono concitato - in casa di Bernie non ci sono tracce di sangue né di lotta. Ma la finestra e la porta di casa aperte mi dicono che è successo qualcosa di tragico. Non c'è più l'umidità dei giorni scorsi, ma è pur sempre un gran freddo e a nessuno verrebbe in mente di trascorrere la notte con le imposte spalancate.

- Devo ammettere che un simile comportamento non rientra in un quadro di normalità, almeno in questo periodo dell'anno - ammise Holmes tormentando il bocchino della pipa che aveva appena caricato e che stava apprestandosi ad accendere.

- Chi era il signor Jordan, signor O'Hara? -, chiese Holmes con quella sua voce stridula che, in alcuni casi, suonando indisponente, aveva reso assai suscettibili i nostri ospiti.

Di quella schiera faceva parte anche O'Hara, il quale, da buon irlandese che pensi di aver subito una provocazione, alle parole di Holmes si tirò in piedi rabbiosamente stringendo i pugni:

- È una domanda impertinente, signor Holmes; non penserà...

- Io non penso niente, signor O'Hara. Lei sostiene che il signor Jordan è stato ucciso e però pretende di non avere intralci con la polizia, implora il nostro aiuto ma rifiuta di fornirci informazioni sulla vittima; se non è disposto a collaborare, dovrà vedersela con gli agenti di Scotland Yard da solo -, ringhiò il mio amico.

L'uomo rimase impietrito e i suoi occhi, fino a qualche istante prima pronti a incenerire il mondo, tornarono poco alla volta a scintillare del loro verde tenue e pacifico:

- Lei non è nato irlandese, signor Holmes, ma ha il cipiglio giusto per esserlo. Spero vorrà scusare il mio tono burbero e...

- Lasci perdere le scuse. Ci racconti invece del signor Jordan.

- Conoscevo Bernie da undici anni, da quando è stato accettato tra i soci dell'Union Club. Fra di noi, nonostante egli fosse più giovane di me di cinque anni, si instaurò subito un forte legame di amicizia. Forse perché entrambi eravamo scapoli... Bernie era un tipo tranquillo e, a dispetto della sua grigia pignoleria, brillante. Non a caso era benvoluto da tutti i soci del Club. Ispirava fiducia e questa sua qualità lo ha portato, da sei anni a questa parte, a ricoprire ininterrottamente la carica di tesoriere dell'Union Club.

- E del suo passato cosa conosce? - insistette Holmes.

- Ben poco, signor Holmes. So che all'età di quattordici anni lasciò Norbrook, il suo paese natale, per imbarcarsi su una baleniera e che qualche anno dopo si trovava invece a fare l'aguzzino in una immensa piantagione di cotone nel sud degli Stati Uniti, dove però gli fu permesso di compiere gli studi di contabile. Rientrò in Inghilterra sedici anni fa e per vivere prestò servizio come segretario privato in alcune nobili case delle quali Bernie non ha mai rivelato il nome. Ultimamente si occupava di tenere in ordine l'amministrazione della Garfield & Co., una ditta di importazioni che ha sede al Tobacco Dock.

- È un passato piuttosto misterioso. Non mi stupirei che una vecchia conoscenza volesse vendicarsi di un suo qualche sgarro -, osservai.

- È più che probabile, Watson, è possibile...

- No, signor Holmes, lo escludo nella maniera più assoluta - protestò O'Hara. - Ieri sera, come sempre da quando lo conosco, Bernie era assolutamente sereno. Non era capace di tollerare il benché minimo senso di colpa o il minimo segreto senza turbarsene e non credo che sarebbe stato capace di nascondere i peccati o gli sbagli che avesse potuto aver commesso in passato. E poi, mi ha spesso confidato di non aver niente sulla coscienza di cui doversi pentire... No, non penso che qualcuno volesse vendicarsi di lui, come del resto sono sicuro che se Bernie fosse stato angustiato da una qualche preoccupazione non avrebbe esitato a parlarmene.

- Forse potrebbe aver scoperto un ammanco nelle casse del Club e aver detto una parola di troppo ai responsabili del raggiro -, azzardai ancora.

- Questo è un affronto al suo buon nome, signor Watson - urlò O'Hara. - Bernie non era una testa calda e in un simile frangente non avrebbe certo agito senza prima avermi informato.

Holmes, fino allora completamente assorto, si tirò in piedi, posò la pipa ormai spenta sulla mensola del caminetto e con il suo tono di voce pacato ma persuasivo mise fine alla schermaglia tra me e l'irlandese:

- Se vogliamo scoprire qualcosa di utile a far luce su questo mistero - disse indossando il cappotto, - credo che la cosa migliore sia di andare a casa del signor Jordan.

L'appartamento di Jordan era un buco di due stanze piccole e poco illuminate. Nella camera da letto e nel modesto salottino adattato a studio tutto era tenuto secondo un ordine maniacale: le coperte del letto senza nemmeno una grinza, non un granello di polvere sui mobili, i libri perfettamente allineati sulle mensole, i fogli fitti di calcoli e di appunti conservati in appositi fascicoli impilati sul tavolo. L'unica cosa fuori posto erano i due cassetti dello scrittorio, stranamente aperti, il cui contenuto era stato adagiato, alla rinfusa, sullo spicchio di pavimento a lato della seggiola dove il corpo di Bernie Jordan sedeva macabramente privo di vita. L'uomo era morto da qualche ora. Il rigor mortis era visibile a occhio nudo. Sul suo corpo, che esaminai attentamente, non c'era invece il minimo segno di violenze; solo i lineamenti del viso apparivano alterati in modo del tutto innaturale.

- Se è stato ucciso, e niente fa supporre un malore, l'arma del delitto non può che essere un veleno - constatai indicando ai miei compagni la maschera trasfigurata di Jordan. - Però...

- Però non sa dire di quale veleno si tratti - intervenne Holmes. - In effetti, non si notano i segni tipici dell'avvelenamento... eppure... No, non ci sono segni di iniezione nemmeno sulle braccia.

Holmes, pensieroso come raramente mi è capitato di vederlo, distolse lo sguardo dal cadavere e ricominciò ad ispezionare la stanza. Alle spalle del defunto tesoriere dell'Union Club la finestra aperta su Minus Street non mostrava tracce di effrazione; né c'erano tracce sui battenti della finestra della camera da letto, questa perfettamente chiusa. Holmes borbottò qualcosa di cui non intesi il significato, ma subito, mosso dalla sua solita, ostinata volontà di mettere in chiaro le cose, cominciò ad ispezionare ogni angolo della casa con la foga e l'intensità tipiche del segugio che si è messo in cerca della traccia buona.

- Guardi, Watson - disse d'improvviso raccogliendo un foglietto sgualcito dal mucchietto delle carte sparse sul pavimento; - questa è davvero una strana annotazione.

Mi avvicinai di qualche passo e sulla piccola striscia di carta che Holmes mi mostrava osservai i due strani disegni che vi erano tracciati: un gatto e una montagna stilizzata.

- Le dicono niente questi disegni? -, chiese ad O'Hara.

L'irlandese scosse la testa energicamente, ma non credo che Holmes si aspettasse una risposta diversa, perché senza fare commenti si tuffò di nuovo nel magma delle sue frenetiche ricerche.

- La toppa della serratura è ricoperta di una strana patina bluastra - disse, infine, dopo aver osservato per alcuni interminabili minuti la porta d'ingresso dell'appartamento, - e intorno ad essa il legno è graffiato di fresco. Non mi stupirei se anche il portone sulla strada rivelasse una qualche anomalia.

Holmes, ovviamente, aveva ragione. Intorno alla serratura una ragnatela di graffi incisi assai di recente denunciava chiaramente il tentativo di aprire il portone per introdursi furtivamente all'interno della palazzina.

I signori Palthraw, dalla cui testimonianza Holmes sperava di ricavare qualche utile chiave per la soluzione del mistero, non ci furono di alcun aiuto. La vecchia, una donna magra magra che aveva abbondantemente superato la settantina, confermò di aver udito Bernie Jordan spostarsi nelle sue stanze fino all'una e mezzo di notte. Poi, come il marito già faceva da un'ora, si era coricata addormentandosi immediatamente. Si era svegliata solo quando il signor O'Hara aveva suonato il campanello, e nel lungo intervallo del suo sonno ristoratore, fatta eccezione per il consueto ronzio del russare del marito, non aveva udito alcun rumore. Per parte sua, il marito, un gigante di quasi due metri con la testa troppo piccola per quella mole imponente, si limitò a confermare la versione della donna con degli sgradevoli grugniti.

- Purtroppo - disse Holmes una volta che fummo usciti in strada, - dovrò avvertire Scotland Yard; ma le prometto - aggiunse stringendo la mano del signor O'Hara - la massima discrezione e la soluzione di questo tragico mistero. Immagino che, all'occorenza, potrò trovarla all'Union Club.

O'Hara annuì silenziosamente, e trattenendo a stento le lacrime si allontanò con un'andatura incurvata e stanca che sembrava aver cancellato d'un tratto quel suo portamento maestoso di cui doveva andare fiero come del fatto stesso di essere irlandese.

Le incredibili circostanze della morte di Jordan, l'apparente inspiegabilità dei fatti, quei disegni tratteggiati quasi con mano di bambino avevano del resto colpito profondamente anche il nostro cuore di spettatori. Di tutte le domande che avrei voluto porre al mio amico, non riuscii ad articolarne alcuna. Mi pareva che parlare, in quel momento, fosse quanto di più inutile e inopportuno. E anche Holmes, assorto in chissà quale contemplazione, sembrò lontano mille miglia da me e dalla carrozza sulla quale salimmo.

- Cosa ne pensa, Watson? -, chiese infine, quasi ridestandosi da un lungo sonno.

- È un omicidio, ne sono assolutamente certo; ma trovare l'arma del delitto mi pare un'impresa titanica. Sui motivi di questo terribile crimine, poi, non saprei davvero cosa immaginare.

- Non dobbiamo immaginare, amico mio; dobbiamo capire - commentò Holmes in tono lontano e distaccato. - Partiamo dai fatti. Bernie Jordan, un uomo dal passato decisamente misterioso ma dal presente irreprensibile, viene ucciso nella sua casa. Sul cadavere non ci sono tracce di sangue e non ci sono impronte. È ovvio che dobbiamo escludere armi da fuoco e da taglio, come gli oggetti contundenti, le corde o le stesse mani dell'assassino. Non resta, dunque, che un veleno... o una sostanza simile...

- Potrebbe trattarsi di un veleno prodotto chimicamente in laboratorio e di cui ancora non conosciamo gli effetti...

- È un'ipotesi alquanto improbabile, Watson. Le riviste mediche e scientifiche degli ultimi mesi non hanno annunciato alcuna scoperta di rilievo in questo campo... Ma vedo che siamo arrivati. Se non le dispiace attendermi in casa, la raggiungerò per l'ora di cena.

Appena fui sceso, gridò al vetturino:

- A Scotland Yard, presto.

Erano le sette passate quando il mio amico rientrò a Baker Street. La signora Hudson aveva appena finito di apparecchiare la tavola e un fumante vassoio di coniglio guarnito con cavolo e patate effondeva nella stanza un odore succulento. Holmes, però, non mostrò alcun interesse per il cibo. Le abitudini del mio geniale amico, nonostante gli anni passati dal nostro primo incontro, non erano mutate. L'essere alle prese con un mistero da risolvere, al solito, assorbiva tutte le sue energie togliendogli perfino l'appetito. Non tentai di distoglierlo dai suoi pensieri e cominciai a mangiare da solo. Holmes si accucciò invece nella sua poltrona, chiuse gli occhi e, accesa la pipa, cominciò a sbuffare dense nuvole di fumo che ben presto resero l'aria della stanza irrespirabile.

- Se continua così - dissi alzandomi da tavola - dovremo spalancare porta e finestra per non morire soffocati.

Il mio amico ebbe un fremito, il viso gli si illuminò:

- Eccellente, Watson; davvero eccellente. Sono stato cieco, ma ora, come altre volte è successo in passato, lei ha aperto uno spiraglio di luce sul mistero.

Lo guardai sgomento.

- Rifletta, amico mio; con la lamentela sui miasmi del tabacco ha chiarito le misteriose circostanze della morte di Jordan. L'aria della nostra stanza era diventata irrespirabile e lei cosa ha pensato? Semplice, che sarebbe stato necessario aprire porta e finestra per far uscire l'aria viziata e farne entrare di pura e respirabile. Ora, a Minus Street le cose devono proprio essere andate così. Jordan era seduto al suo tavolo da lavoro, intento a compilare i bilanci dell'Union Club. Alcuni sconosciuti, almeno due, agendo dal pianerottolo hanno introdotto nel buco della serratura della porta una cannula collegata ad una bombola di gas diffondendone nell'appartamento il suo micidiale contenuto. Jordan, tutto preso dai conti, e probabilmente assai stanco per l'ora tarda, si è reso conto che qualcosa non andava quando ormai le esalazioni del gas lo avevano talmente indebolito e stordito da rendergli impossibile ogni tentativo di salvezza. Deve avere perso i sensi ed essere morto nel giro di pochi secondi. Sono stati l'assassino e il suo complice ad aprire la finestra. Lo hanno dovuto fare, se volevano entrare all'interno dell'appartamento.

- Il gas? - chiesi sconcertato.

- Sì, amico mio, il gas è l'arma del delitto. È un modo insolito di uccidere, lo riconosco, ma è già successo a Milano nell'88 e a Liegi lo scorso anno. Ricorderà senz'altro la patina bluastra sulla serratura. Bene, quella patina è senz'altro imputabile alla reazione del gas al contatto con il metallo della serratura.

- Sì, ricordo perfettamente...Non vedo però perché l'assassino non possa avere agito da solo -, osservai in tono scettico.

- Una bombola di gas, per quanto di dimensioni contenute, è pesante da trasportare al secondo piano di una palazzina le cui scale sono ripide come quelle di Minus Street. L'assassino, dunque, non può aver agito da solo.

- Ma perché Jordan è stato ucciso?

- Furto, vendetta, incidente, ricatto, o chissà cos'altro, Watson. Non sappiamo molto di lui. Ho trascorso il pomeriggio a raccogliere informazioni sul suo conto, ma le uniche cose che ho scoperto è che tra i suoi impieghi in Inghilterra egli ha servito come segretario privato in casa del generale Thomas Leary e dell'ex capitano di vascello Alec Baldwin. Senza dubbio, si tratta di personaggi importanti, ma il loro rigore morale, la loro vita appartata e la fama di onest'uomini di cui godono fin dentro le stanze del governo non ci permettono di mettere le loro persone in relazione con quanto accaduto al loro ex servitore. Tutto lascerebbe pensare ad un delitto perfetto, ma qualcosa stona in questa assurda vicenda...

- Il disegno, Holmes...

- Eccellente, Watson; il disegno che abbiamo raccolto in Minus Street, è certamente la chiave del mistero, ma perché possa esserci utile a chiarire le cose è necessario risolverne l'enigma. Serviranno pazienza e applicazione.

Pazienza e applicazione erano doti che non gli difettavano. E, infatti, tirato un profondo sospiro e riaccesa la pipa, Holmes si eclissò di nuovo negli sperduti e inarrivabili meandri delle sue intense meditazione, tanto che quando gli rivolsi la buonanotte egli era talmente assorto nei suoi ragionamenti che sembrò non accorgersi né del mio saluto né della mia stessa presenza.

Dormivo da più di quattro ore, quando la voce concitata del mio amico si intromise nel bel mezzo dei miei sogni:

- Si alzi, Watson, non c'è un minuto da perdere. Ci aspetta un lungo viaggio a Blackstable. Il treno parte fra tre quarti d'ora dalla Victoria Station.

- Ma Blackstable è nel Kent, a sessanta miglia da Londra -, protestai stropicciandomi gli occhi.

- La soluzione è là, Watson... Dobbiamo agire in fretta. Si vesta; le racconterò tutto in treno.

Molto prima dell'alba, sotto le sferzate di un vento gelido che soffiava da nord e che conferiva un'aria lugubre allo spazio deserto della Victoria Station, il nostro treno si mise in movimento. In quel silenzio, lo sferragliare delle ruote sui binari e l'ansimare della locomotiva parevano lancinare l'aria. Seduti uno di fronte all'altro nello scompartimento, Holmes e io restammo muti e pensierosi per alcuni lunghi minuti. Avevo voglia di fumare, ma frugando nelle tasche mi accorsi di aver dimenticato, nell'agitazione del brusco risveglio, di prendere i miei sigari.

- Se vuole una sigaretta, si serva pure -, mi soccorse Holmes porgendomi il portasigarette. Poi, assumendo quel tono di voce professorale che stava a significare che era pronto a dipanare la matassa del mistero, disse: - Caro Watson, non le nascondo che affronto questo viaggio in preda a un grande senso di inquietudine. Spero che il mio telegramma abbia permesso alla polizia locale di giungere in tempo ad evitare un'altra terribile tragedia; temo però che tanta sollecitudine sia stato soltanto un tentativo tanto disperato quanto inutile. Siamo alle prese con la mente criminale più raffinata e pericolosa d'Europa e la nostra corsa, per quanto celere, potrebbe essere partita con troppo ritardo.

- Non credevo che la morte di Jordan nascondesse uno scenario così lugubre e inquietante -, osservai.

- Mio caro amico, lei dimentica il furto dei diari di sir Drake.

Sobbalzai. Il riferimento a quel crimine che avevo rimosso del tutto dalla mia mente caricò il mio sguardo di sconcerto.

- Già, Watson - riprese a spiegare il mio amico chinandosi in avanti, - il furto di Buckland Abbey e la morte di Jordan sono il tragico risultato di un unico movente criminale. Me ne sono reso conto, colpevolmente in ritardo, soltanto stanotte, quando sono riuscito a mettere in relazione gli astrusi eventi di questi giorni. Analizziamo i fatti, Watson. Ieri mattina ci siamo trovati alle prese con un incredibile caso di omicidio. Lei, con le sue osservazioni sul fumo, ha fornito la spiegazione sulle modalità dell'uccisione di Jordan. Ma chi era l'assassino? E perché aveva scelto Jordan quale sua vittima? La soluzione del caso, come abbiamo accennato ieri sera, era racchiusa nel disegno che avevamo raccolto in Minus Street. Vede, Watson, nel maniacale ordine delle carte di Jordan, tutte fitte di appunti e di calcoli, quell'unico disegno rappresentava l'elemento dissonante, quanto di più improbabile potessimo trovare. Ciò significava che Jordan non ne era l'autore. Qualcun altro, dunque, doveva averlo introdotto in quella casa. E chi, se non l'assassino o il suo complice?

- Capita a tutti di lasciare una traccia del proprio passaggio -, commentai con nonchalance.

- In questo caso, mio caro amico, non si è trattato di una umana disattenzione. Il disegno era un preciso messaggio indirizzato a chi avesse indagato sull'omicidio e... Sì, Watson, capisco il suo stupore, ma le cose stanno proprio così... Un po' di pazienza e chiariremo tutto. Il disegno, dunque, era il cardine sul quale si imperniava il mistero e per risalire al colpevole e al movente del delitto dovevo risolverne l'enigma. Ho cominciato a riflettere sulle figure della montagna e del gatto e d'un tratto mi è tornata in mente Buckland Abbey, dove, come in Minus Street, i furfanti agirono di notte, in perfetto silenzio, e senza mettere a soqquadro nulla di ciò che non li interessava... Trovato il collegamento, la soluzione dell'enigmatico disegno mi è stata chiarissima: voleva indicarci la Roccia del gatto grigio, uno degli approdi usati da Drake per i suoi rientri segreti in patria.

- Ma nessuno sa dove si trovi quel luogo -, esclamai.

- Esatto, Watson, e questo spiega senz'altro le ragioni del furto a Buckland Abbey. Chi si è impossessato dei diari di sir Drake voleva scoprire l'ubicazione segreta della Roccia del gatto grigio, e voleva farlo per compiere in tutta tranquillità quei traffici illegali di armi che da mesi vedono impegnati in un lavoro massacrante i nostri servizi segreti. Negli ultimi tempi gli agenti hanno intercettato diversi carichi e la losca organizzazione che muove i fili di questo commercio clandestino è certamente alla ricerca di un luogo appartato e sicuro per continuare la sua criminale attività.

- Ma se non sa dove si trovi la Roccia del gatto grigio...

Sherlock Holmes mi zittì con uno dei suoi efficaci gesti teatrali della mano e squadrandomi con aria di superiorità aggiunse:

- Lei sa che molti degli antichi nomi dei luoghi delle coste del Kent e del Sussex hanno subito, nel corso dei secoli, più di una variazione. Per le ragioni più svariate, e spesso assolutamente oscure, gli abitanti dei luoghi mutarono i nomi di boschi, villaggi, scogliere. È il nostro caso, Watson; la vecchia Roccia del gatto grigio, rimasta viva nella memoria di quanti sui banchi di scuola hanno studiato le gesta del grande navigatore di Tavistock, a metà del Settecento mutò il suo nome in quello di Coda della lucertola.

Lo guardai perplesso. Quella rivelazione mi sembrava astrusa quanto gli accadimenti sui quali stavamo indagando:

- Allora, bastava consultare una vecchia carta geografica e...

- No, amico mio - mi interruppe Holmes, - le carte geografiche dell'epoca di sir Drake, come quelle del Settecento, per quanto dettagliate, non forniscono tante indicazione come le attuali. All'epoca, i nomi di un luogo erano spesso patrimonio solo delle poche decine di abitanti che vivevano nei paraggi e, nel migliore dei casi, oggi se ne trova traccia solo in qualche polveroso archivio parrocchiale. Nessuno, ormai da tempo, sa che il luogo geografico oggi a tutti noto come Coda della lucertola corrisponde alla fantomatica Roccia del gatto grigio tanto cara a sir Drake; nè se ne trova qualche accenno nei libri di storia. Stando così le cose, anche chi aveva bisogno di rintracciare il mitico approdo piratesco era senza punti di riferimento...

- E ha pensato di trovarli nei diari di sir Drake -, chiosai.

- Esattamente, Watson. Il nostro nemico, però, ha fatto i conti senza l'oste. Negli scritti di sir Drake, come appurai dopo aver consultato le copie conservate dal professor Forber e dal professor Wyman per i loro studi, la Roccia del gatto grigio, che pure è citata centinaia di volte, non viene mai descritta, né se ne fornisce alcuna indicazione geografica. Non solo. Il nostro caro pirata scrisse i suoi resoconti di viaggio con così tanta naturalezza che leggendo la sua prosa non si ha mai l'impressione che egli stia parlando di un luogo segreto e adatto ad agire lontano da sguardi indiscreti. Una scrittura davvero felice e, al tempo stesso, ingannevole, tanto che ho finito col non mettere in relazione...

- Vuol forse dirmi che ha ceduto al fascino del romanzato perdendo di vista il nocciolo del problema? -, ironizzai.

La mia impertinenza, della quale subito dopo provai vergogna, doveva aver passato il segno. Holmes, infatti, sbuffando acidamente il fumo della sigaretta, si voltò di lato per guardare fuori del finestrino, come se così volesse risparmiarmi una di quelle sue occhiatacce taglienti con le quali, pur rimanendo muto, ben sapeva esprimere il suo totale disprezzo verso lo sfortunato che aveva avuto l'ardire di stuzzicare a sproposito il suo amor proprio.

- Risolto l'enigma del disegno - continuò dopo qualche minuto facendo finta di niente, - mi sono ricordato di quanto il professor Wyman aveva detto illustrandomi le linee di una sua prossima pubblicazione sui luoghi segreti toccati da sir Drake nel corso dei suoi viaggi. Egli affermò di ritenere assai probabile che la Roccia del gatto grigio corrispondesse al luogo che oggi si chiama Coda della lucertola che, come sa, indica l'unico lembo accessibile dal mare della ripida scogliera della baia di Blackstable. Sul momento, quella teoria solo accennata nel mezzo di una conversazione assai più complessa e articolata non aveva attirato la mia attenzione; né, trascorso qualche giorno, mi ricordai di quell'accenno quando in casa di Jordan raccogliemmo lo strano disegno dal pavimento. Si è trattato di un errore imperdonabile, perché la mente criminale contro la quale stiamo combattendo e che ci aveva tragicamente preceduti in casa di Jordan ha avuto il tempo per continuare le sue ricerche, svelare l'enigma geografico e, forse, uccidere ancora.

Quell'ultima prospettiva mi fece gelare il sangue, ma ancora non capivo lo strano intreccio che il detective londinese cercava di dipanare sotto i miei occhi.

- Sono tardo a capire la trama di questa storia - confessai; - perché Jordan è stato ucciso?

- Ricorderà, Watson, che una delle poche cose che appurai sul suo conto riguardava l'impiego presso il capitano di vascello Alec Baldwin. Risolta la questione del disegno, e collegati i fatti con il furto di Buckland Abbey, il nome di Baldwin prese ad avere un significato preciso. Ricordai che la stampa, molti anni fa, si occupò a lungo di lui proprio in relazione a qualcosa che aveva a che fare con sir Drake. Consultai il mio archivio e tutto mi fu chiaro. Alec Baldwin, conte di Leanor e Court Gull, vent'anni fa fu protagonista, insieme al cugino William Drurie, anch'esso alto ufficiale della Marina, di una feroce battaglia legale per la spartizione dell'eredità dello zio, il conte Paul Isidore Pickenham, custode, tra le altre cose, di preziosi studi sulla vita di sir Drake. Di quei documenti entrò in possesso Baldwin...

- Dunque, Jordan è stato ucciso perché, in qualità di segretario privato del capitano Baldwin, poteva conservare a sua volta degli appunti utili ad identificare il misterioso luogo della Roccia del gatto grigio - intervenni. - Ma non era più semplice agire direttamente su Baldwin?

- Sarebbe certo stato più efficace. Ma le ho detto che siamo alle prese con una mente subdola e geniale. Il nostro uomo pensò che se avesse giocato subito la carta Baldwin i rischi dell'impresa sarebbero stati elevatissimi. L'uccisione di un capitano di vascello noto al pubblico e altamente considerato nelle sfere governative avrebbe messo in moto non solo Scotland Yard, ma anche i servizi segreti. Uccidere un povero contabile irlandese, un uomo mite e conosciuto solo nella cerchia dei suoi amici, era invece un rischio sopportabile e dalle conseguenze quasi innocue. Fallito il tentativo in casa di Jordan, però, al nostro nemico non è rimasto che muovere su Baldwin, che, ironia della sorte, abita non lontano da Blackstable e dalla Coda della lucertola. Ci siamo messi in viaggio per evitare un altro assassinio e per bloccare un illecito traffico di armi, e sono convitno che ci saremmo riusciti, se, come le ho accennato, non avessimo perso così tanto tempo a decifrare il disegno con il quale qualcuno, ormai stanco o impaurito delle trame sempre più audaci dell'organizzazione criminale di cui fa parte, sperava di metterci sulla pista giusta.

- Le confesso che la teoria del messaggio non mi convince -, dissi in tono secco.

- Ogni costruzione, anche la fortezza all'apparenza più inespugnabile, ha i suoi punti di debolezza. Succede così che anche la ragnatela dell'organizzazione più perfetta veda spezzarsi, ogni tanto, alcuni fili della sua complessa architettura. Altre volte, lo ricorderà, abbiamo ricevuto soffiate. Questa volta, però, ci siamo mossi con circa venti ore di ritardo rispetto al nemico e non credo che riusciremo nell'intento di fermarlo... Ma se non sbaglio siamo a Faversley; la prossima stazione è la nostra.

Holmes accese un'altra sigaretta e mi passò il suo astuccio d'argento sprofondando in un algido silenzio che incupì il suo viso livido e affilato. Dirottai lo sguardo fuori del finestrino per lasciarlo solo con i suoi pensieri. Ormai, albeggiava. La ferrovia correva lungo la spiaggia e le ondate dell'oceano schiumavano alzando spruzzi d'acqua e di sale. Poi, la spiaggia lasciò il posto alle scogliere e il paesaggio divenne grigio e squallido. Il vento che arrivava dal Mare del Nord spazzava la costa sibilando sinistramente e facendo piegare, fin quasi a spezzarsi, gli alberi.

Quello stesso vento glaciale e prepotente ci sferzò il viso non appena scendemmo alla stazione di Blackstable. Ero teso, e il freddo pungente e l'insieme disordinato di case di quel piccolo paese del Kent mi resero d'umore nero. Holmes, fattomi segno di seguirlo, si avviò a passo svelto verso la piazzetta al di là della strada. Vicino ad una carrozza coperta un uomo robusto di mezza età ci rivolse ampi gesti con una mano.

- Lei dev'essere Sherlock Holmes, e la persona che l'accompagna è senz'altro il suo biografo, il dottor Watson - disse l'uomo in tono eccitato porgendo la mano al mio amico. La sua voce tradiva il tipico, rude accento del Kent. - Io sono il sergente Village, della polizia di Blackstable. Lei non sa, signor Holmes, quale alto onore sia per me lavorare al suo fianco e...

Il mio amico annuì in silenzio, come fosse sul punto di volersi compiacere di quel complimento, ma la maschera di indifferenza dietro la quale rimuginava sul tragico caso dei diari di sir Drake rimase imperturbabile.

- Abbiamo ricevuto il suo telegramma e ci siamo subito messi in moto - riprese a dire il sergente Village; - purtroppo non siamo riusciti a salvare il capitano Baldwin.

- Lo immaginavo -, sussurrò Holmes. Poi, in un tono di voce tra lo stridulo e il minaccioso, aggiunse: - E scommetto che in casa di Baldwin c'erano porte e finestre spalancate ovunque e i cassetti dello scrittoio rovistati e che poco lontano da Court Gull è stata ritrovata una bombola di gas.

- È proprio così, signor Holmes. Lei è sorprendente... è un mago.

- Nessuna magia, sergente; solo analisi e deduzione... È ora di andare, ma credo sia inutile recarsi a Court Gull; preferirei invece verificare come sono andate le cose alla Coda della lucertola.

Il sergente Village, sfidando la furia del vento, sporse la testa dal finestrino della carrozza e urlò al vetturino la nostra destinazione. La carrozza mantenne per l'intero tragitto una buona andatura di trotto. Dopo dieci minuti, durante i quali Holmes ragguagliò il sergente sull'intricata trama di quella vicenda, i cavalli fermarono la loro corsa. Sul bordo della scogliera il vento sembrava spirasse ancora più gelido e violento. Il rombo del mare era un boato continuo e assordante come non mi era capitato di udire nemmeno sui campi di battaglia in Afganistan. Senza fare parola, Holmes ci indicò un punto oltre l'estremità della bassa scogliera che si gettava in mare. In mezzo alla furia delle onde e alla schiuma bianca che si sollevava dall'acqua intravidi la poppa di un agile veliero che cominciava a scomparire nell'immensa nube di salsedine che velava l'orizzonte.

In quel momento due agenti ci raggiunsero correndo:

- Sergente Village, sono riusciti a fuggire.

Il sergente guardò sconsolato il volto impassibile del mio amico. Holmes continuava a fissare intensamente il punto di mare aperto nel quale il veliero sembrava essersi inabissato. Sussurrò qualcosa tra i denti di cui riuscii a decifrare soltanto un nome che mi fece accapponare la pelle: Moriarty.

Lo sguardo di Holmes abbandonò l'orizzonte solo alcuni minuti più tardi, quando il rumore sordo di una carrozza sovrastò, per un momento, quello ben più potente del vento e del mare. Ora il suo volto si stagliava di profilo contro la nuvola di salsedine e in quella posizione la sua silhouette e i suoi occhi carichi di un desiderio di vendetta incutevano un angosciante terrore. Lo stesso ispettore Lestrade, sceso dalla carrozza, non ebbe il coraggio di farglisi incontro. Fu Holmes che gli si avvicinò e solo allora Lestrade trovò la forza di parlare.

- Allora, Holmes, com'è andata?

Il segugio scosse la testa sconsolato e si avviò verso la carrozza. Lestrade diventò talmente agitato da sembrare addirittura più mobile e sofferente degli alberi in balia del vento.

- Cosa è successo, perdiana... qualcuno deve spiegarmi o...

- Ci riaccompagni a Londra, Lestrade, avrà tutto il tempo che vuole per conoscere i dettagli di questo maledetto affare.