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L'amicizia di Watson e' essenziale al successo di Sherlock Holmes?

di Eleonora Mercuri

E' durante una delle mie innumerevoli peregrinazioni sul Web, la cui esplorazione si sposta immancabilmente su siti holmesiani, conandolyani, JeremyBrettiani, ecc, (la bolletta del telefono ne fa fede), che mi sono imbattuta su questo interessante sito: www.sherlockian.net/about/faq.html.

L'autore, Chris Redmond, da dei suggerimenti a tutti coloro che chiedono consigli sul come scrivere articoli, lavori universitari e quanto altro aventi come tema Sherlock Holmes e il suo mondo. Nel paragrafo intitolato "Possible Topics for term Papers", suggerisce alcuni spunti che ritengo siano molto interessanti da approfondire.

Premetto che per affrontare ciascuno di essi in maniera degna, bisognerebbe armarsi di santa pazienza, tempo, una passione così, mezzi, (intendendo con questi libri, riviste, ecc) e dedicarcisi incondizionatamente. Dico questo per scusarmi con tutti quei lettori, i quali, più esperti e più titolati di me, forse potranno sorridere, se non criticare quanto sto per scrivere, ma credano sinceramente che questo piccolo articolo non è frutto né di presunzione, né di chissà quali strampalate teorie campate per aria. Ho voluto dare un mio piccolo contributo come migliaia di altri appassionati fanno e qualunque giudizio, opinioni e discussioni saranno ben accolti. Per fare meglio il mio articolo sarebbe stato opportuno avere del materiale a disposizione riguardante la società vittoriana, in particolare il tema dell'amicizia tra uomini a quei tempi, la letteratura gialla dell'epoca e non solo quella.

Ad ogni modo, quando ho letto la domanda, o per meglio dire lo spunto di cui trattare, non ho potuto fare a meno di figurarmi i nostri beniamini quietamente seduti a fumarsi una pipa nell'omonimo appartamentino-Museo che ho visitato a Londra. Chi ci è stato non può fare a meno di chiedersi cosa abbia avuto e soprattutto cosa ha questo personaggio da spingere ancora oggi migliaia di persone a leggere e rileggere le sue opere, fondare varie società in suo onore, (io stessa ho fatto parte della Societée Sherlock Holmes de France e dei Northern Musgraves), visitare Baker Street e tutti i luoghi canonici, inviare lettere, (esposte proprio al Museo), di gente che a tutt'oggi lo invoca per i più svariati motivi: chi scrive per fargli gli auguri di buon compleanno, chi vuole la risoluzione di problemi propri e altrui, chi lo saluta, chi scrive lettere che incominciano pressappoco così: "Si lo so che non esisti più e che sei sotto metri di terra". Confesso che qualche volta ho scritto pure io" Perché?

Purtroppo Holmes è quel personaggio, a seconda che lo si creda reale o meno, che è stato male presentato al pubblico: sempre vestito allo stesso modo, con la pipa, il popolare cappello e lente in mano, e compare semideficiente al seguito. Fino al mai abbastanza rimpianto Jeremy Brett nell'omonima serie Granada che gli ha reso piena e meritata giustizia. Mi permetto solo di esprimere un'opinione prima di accingermi finalmente al mio breve pezzo.

Secondo me Sherlock Holmes, al di là dell'interesse suscitato dapprima in patria e poi in tutto il mondo per l'ingegno risolutorio e innovativo nelle tecniche dell'investigazione, è capace di suscitare ancora oggi attenzione, curiosità e apprezzamento perché è" innegabilmente attuale e umano. Sissignori. E' un single, che tutt'al più apprezza la compagnia di pochi fedeli e fidati amici, un misogino, (almeno in apparenza), ha un lavoro che lo soddisfa e che gli permette di vivere comodamente in affitto, è un maniaco depre ssivo con crisi occasionali che lo portano al consumo di droghe, (anche se per quei tempi abbastanza lecite). E' solo, innegabilmente solo, (a parte suo fratello, Watson e pochissimi altri), detesta la notorietà, è un vanitoso, ma mai arrogante, ". e dice di non essersi mai innamorato. Qualche lettore potrà sottolineare che in tutto ciò non c'è niente di eccessivamente moderno. Io invece sostengo il contrario. C'è del fascino in tutto ciò. Alzi la mano chi non vorrebbe uscire da Baker Street e chiamare un cab, (non un taxi, una carrozza con i cavalli invece!), e ritrovarsi insieme con loro nello splendore di una capitale ormai al tramonto, alla fine del secolo?

La domanda, mi ha fatto venire in mente svariati altri interrogativi, oltre che qualche considerazione.

Anzitutto cosa si intende per "successo di Sherlock Holmes": successo legato alla sua professione, intendendo capacità di risoluzione di complessi casi polizieschi o successo come personaggio, con il suo carattere e le sue peculiarità ? Può Holmes per vivere, (e sopravvivere), avere bisogno di amicizie? Può il suo cervello tollerare emozioni e sentimenti che non siano solo legati al regno della pura logica e razionalità? Per brillare ha bisogno di qualcuno o basta già da solo?

Ma andiamo con ordine. Come tutti sanno, il tema dell'amicizia è stato, è e sarà sempre analizzato da studiosi, opinionisti, sondaggi, interviste e quanto altro. Ne sono state date infinite e talvolta controverse interpretazioni. E' una cosa che è nata con la creazione dell'uomo e dell'universo, è un concetto che è stato dibattuto in letteratura, drammi, opere e rappresenta forse uno dei tanti filtri con il quale vivere e interpretare ciò che ci circonda, non l'unico comunque. Non sta certo a me darne una definizione esatta, (non so nemmeno se esiste), né intendo, posso o voglio dare "lezioni di vita" ai lettori.

La mia Enciclopedia Universale Larousse uscita nel lontano 1964, dà questa definizione: "Sentimento di affetto, distinto dall'amore, che lega una persona ad un'altra". Probabilmente è una spiegazione un po' troppo semplicistica e si presta a infine dispute.

Sinceramente credo che Holmes da solo non avrebbe riscosso tutto quel successo che ha avuto. Tutti sanno che nella letteratura, e nel cinema esiste spesso la spalla. Solo che Watson è molto di più di un semplice tirapiedi. Anche perché Holmes non è certo il tipo che ami circondarsi di cose da lui considerate comuni o banali. Ma poi ci pensate a un Holmes che in tutte le sue avventure si racconti da solo in prima persona , descrivendo fatti logici, razionali, concatenati? E' invece soltanto grazie a un amico, un vero amico, che possiamo conoscerlo un po' di più, i suoi vizi, le sue manie, i suoi attacchi di umor nero, le sue simpatie e antipatie.

Un amicizia, discreta, fedele, duratura, (più di vent'anni), quella del buon dottore, pronta ad accorrere ad ogni ora del giorno e della notte, e pronta anche a salvare il celebre investigatore. Nell'avventura del piede del Diavolo se Holmes fosse stato solo, si sarebbe avvelenato a causa del veleno che stava provando. Nell'Uomo dal Labbro Spaccato Sherlock osserva: "Un compagno fidato è sempre utile; e ancor di più un cronista".

Nell'Avventura dei Tre Garrideb, Holmes esclama:"E' ferito Watson? Per l'amor di Dio mi dica che non è ferito". Al che Watson osserva: "Valeva una ferita -molte ferite- scoprire quale miniera di lealtà e di affetto si nascondeva dietro quella sua maschera gelida. Per un momento quei suoi occhi freddi come l'acciaio si appannarono e gli tremarono le labbra. Per la prima e unica volta intravidi un grande cuore oltre che una grande mente. Tutti quegli anni di umile ma fedele servizio culminarono in quel momento della verità". Alla rassicurazione del buon dottore notiamo l'amico rasserenato e rassicurato: "Ha ragione" esclamò con un profondo sospiro di sollievo." E rivolto alla persona che aveva sparato:"Giuro il cielo che le è andata bene signore. Se avesse ucciso Watson non sarebbe uscito vivo da questa stanza."

(Ho visto nell'originale inglese, non ancora uscito in Italia, la trasposizione Granada. Sono rimasta delusa perché Brett si vede solo un pezzetto all'inizio e poi alla fine, mentre il resto dell'avventura è in mano a Watson e a Mycroft. La signora che mi ha venduto la cassetta, il cui negozio è proprio di fronte al museo, mi ha spiegato che all'epoca in cui fu girato l'episodio Brett stava già male. Peccato! Non so cosa darei per vedere questa scena recitata da lui!)

Ho voluto riportare per intero questo brano, che apprezzo più di mille deduzioni e ragionamenti vari, perché anche se il lettore non vuole ammetterlo o non se ne rende conto, il Canone non è nient'altro che la storia di un profondo legame, senza il quale tutti e quattro i romanzi e le cinquantasei novelle altro non sarebbero stati se non un tedioso, seppur acuto, elenco di casi. Se quando si pensa a Sherlock Holmes si pensa immancabilmente anche a Watson non è solo per ricordarsi un nome in più. Di questo sono convinta. Magari per la risoluzione dei casi Holmes avrebbe potuto forse, e dico forse, farcela da solo, ma il successo del suo personaggio rimane legato al sostegno e all'esistenza di un compagno fidato, leale, e onesto. Chi sa se Doyle ha fatto riferimento per la creazione di Watson, a se stesso, ad un ipotetico lettore, oppure al gentiluomo tipo dell'epoca in cui viveva. La risposta alla domanda è senz'altro un si.

Concludo con un elenco delle massime che più mi piacciono e che, almeno in parte condivido o trovo divertenti: (Vedi Gli Aforismi di Sherlock Holmes. Tascabili Economici Newton. A cura di Massimo Baldini". 100 pagine, 1000 lire).

Tutti abbiamo qualche occasione perduta da rimpiangere (La pietra di Mazarino)
A volte un attacco frontale è la politica migliore (L'avventura dei Tre Garrideb)
Alla scuola del dolore" tutti noi impariamo la nostra lezione terrena (Il Mistero di Thor Bridge)
I cani non si sbagliano mai (L'avventura di Shoscombe Old Place)
Non c'è nulla di più innaturale dell'ovvio (In caso di identità)
Una mezza ammissione è peggiore di una negazione (Uno studio in Rosso)