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Sherlock Holmes e le scienze sociali

di Luca Critelli

Oltre che materia di interesse letterario, i racconti ed i romanzi del ciclo holmesiano sono stati oggetto di attenzione da parte di studiosi delle più svariate discipline scientifiche: criminologia, logica, epistemologia, economia, psicologica, sociologia.

Il filone di studio maggiormente battuto è senza dubbio quello logico-epistemologico. Il metodo investigativo holmesiano - frutto esemplare del positivismo di fine Ottocento - è stato analizzato e dibattuto da illustri studiosi ed intellettuali. La conclusione prevalente, che contraddice la logica deduttiva a più riprese sostenuta dallo stesso Holmes all'interno dei racconti e formulata in modo compiuto nell'articolo Il Libro della Vita, è che il suo modo di procedere corrisponda ad un metodologia ibrida. Il percorso investigativo vede una continua interazione e sovrapposizione tra induzione e deduzione, tra ipotesi teoriche ed evidenze empiriche. In termini epistemologicamente rigorosi il concetto che meglio descrive il procedere di Holmes è forse quello di abduzione, originariamente formulato da Aristotele e la cui ripresa nella logica moderna si deve soprattutto a Charles Peirce. L'abduzione può essere definita come un sillogismo in cui la seconda premessa ha solamente il carattere della probabilità. Anche se per altri versi simile al procedimento deduttivo, le differenze sono significative, a cominciare dal carattere meno certo della conclusione raggiunta, che non può in nessun caso essere superiore a quello della seconda premessa. In campo letterario incontriamo almeno un altro personaggio, questa volta non investigatore, che fa ampio ricorso a tale tipo di ragionamento: lo Zadig di Voltaire. Sull'esatta classificazione della metodo holmesiano le opinioni degli studiosi sono in realtà divergenti, anche se l'abduzione è senza dubbio la caratterizzazione che incontra i maggiori consensi. L'unico punto fermo appare il fatto che non si tratta in ogni caso di un procedimento di tipo deduttivo. Il concetto di induzione, il procedimento che dalla raccolta dei dati empirici giunge alla formulazione di una ipotesi teorica (legge, generalizzazione empirica), descrive invece già meglio il percorso seguito. Il procedimento deduttivo viene a ben guardare ad essere contraddetto e condannato, con diverse formulazioni, dallo stesso Holmes in numerosi racconti: "È un errore gravissimo quello di formulare ipotesi prima di avere tutti gli indizi (STUD)"; "È un errore capitale teorizzare prima di avere i dati. Senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, invece di adattare le teorie ai fatti (SCAN)"; "Dati! Dati! Dati! Non posso fabbricare mattoni senza l'argilla (COPP)"; "È un errore capitale formulare ipotesi prima di conoscere i fatti (SECO)"; La tentazione di formulare ipotesi premature sulla base di dati insufficienti è la rovina della nostra professione (VALL)".

Le espressioni epistemologiche così frequenti nei racconti holmesiani - teoria, ipotesi, deduzione, verifica, inferenza - vengono dunque usate in modo spesso non rigoroso. L'uso talvolta improprio del termine "deduzione" è d'altronde ampiamente giustificabile da parte di un non-specialista della disciplina, per quanto preciso e metodico come Holmes. Nel linguaggio comune esso viene infatti spesso utilizzato in modo approssimativo, andando a descrivere qualsiasi processo di analisi fondato su concatenazioni logiche. Rimane però il fatto che l'investigatore londinese non abbraccia nel suo agire quotidiano la prospettiva sociologica della grounded theory - la costruzione di una teoria sulla base dei soli fatti empirici disponibili, senza una precisa ipotesi di partenza - che pure in più occasioni dichiara di applicare. Le azioni di Holmes sono quasi sempre guidate da una precisa ipotesi di lavoro, basata sui pochi dati inizialmente disponibili e sulle esperienze precedenti in casi comparabili ed affinata man mano che procede nell'analisi degli elementi empirici raccolti. L'ipotesi di partenza si è non a caso in diverse occasioni dimostrata errata: anche se l'investigatore afferma più volte di aver individuato la soluzione di un mistero o la traccia giusta non appena la persona che gli sottopone il caso aveva messo piede nella stanza o finito la sua esposizione, le investigazioni di Holmes sono tutt'altro che prive di false piste ed abbagli clamorosi. Quello del detective infallibile è pertanto un mito assolutamente da sfatare. Irene Adler docet. Anche se considerato esempio paradigmatico di investigazione scientifica, Holmes non è inoltre per nulla dogmatico nel suo positivismo, come quando afferma che "spesso l'immaginazione è la madre della verità (VALL)" o che "la conclusione di una donna può essere più giusta delle conclusioni raggiunte mediante un ragionamento analitico (TWIS)". In effetti nella risoluzione di diversi casi elementi quali l'immaginazione e l'intuizione sono molto più importanti di quanto Holmes ami generalmente riconoscere. Proprio per questo, e per la subordinazione del metodo al risultato da raggiungere, vari studiosi lo hanno considerato anticipatore dell'eclettismo metodologico di Paul Feyerabend.

Le indagini holmesiane sono di assoluto interesse e pregio anche come esempi di ricorso alla tecnica dell'osservazione, frequentemente utilizzata in discipline quali l'antropologia, la sociologia e la psicologia sociale, oltre che nella diagnosi clinica. Nella maggior parte dei casi si tratta di un'osservazione di tipo naturalistico, non invasiva, anche se l'osservato è generalmente a conoscenza della professione dell'osservatore. In altre occasioni vi è invece un'attività di osservazione di tipo partecipante, dove l'osservatore interagisce in una posizione di anonimato ed in modo attivo con gli altri componenti di un particolare gruppo. La maestria di Holmes nei travestimenti e la conoscenza di usi e costumi dei più svariati ceti sociali spiega la sua estrema facilità nell'inserirsi e nel passare inosservato nei diversi contesti. Può così ad esempio aggirarsi nei quartieri più malfamati di Londra o entrare in contatto con il personale domestico al servizio di persone coinvolte nelle indagini senza destare il minimo sospetto. Se l'abilità di Holmes nell'analisi delle tracce e degli oggetti materiali era straordinaria, le deduzioni più suggestive e sorprendenti sono senza dubbio quelle riguardanti le persone. Sulla base dell'osservazione delle loro caratteristiche fisiche e del vestiario Holmes riesce a dedurre con assoluta precisione una quantità sorprendente di attributi: ceto sociale, professione, stato della relazione coniugale, malattie presenti e pregresse, capacità visive e molto altro ancora. Riesce inoltre a comprendere e a prevedere con buona approssimazione i loro comportamenti nelle più diverse situazioni sociali. La lettura dei racconti può rivelarsi una palestra eccezionale per quanti intendono utilizzare tale tecnica di ricerca, che è oggi frequente soprattutto nelle ricerche che hanno per oggetto i partecipanti a particolari eventi e manifestazioni (concerti, raduni, convegni, visitatori dei musei). L'utilità di queste tecniche è stata molto dibattuta e variamente valutata nel corso della storia delle scienze sociali. Se il movimento comportamentista - al suo culmine tra il 1930 e il 1960 - faceva dei dati osservabili l'elemento empirico centrale dal quale partire, in seguito molti studiosi hanno messo in luce la non corrispondenza tra comportamento manifesto e le intenzioni e convinzioni del soggetto, attribuendo maggiore valore alle dichiarazioni dirette rese da quest'ultimo, da rilevare con tecniche quali il questionario strutturato o l'intervista. Il comportamentismo tendeva inoltre a negare o a mettere in secondo piano la volontà del soggetto, concentrandosi sugli elementi contingenti - condizioni e mezzi - della situazione concreta in cui si situava l'azione. Questa finiva così non di rado con l'apparire come semplice ed inevitabile riflesso di condizioni ambientali date. Il comportamento esteriore degli individui e la sua interpretazione continuano in realtà a giocare ancora oggi un ruolo rilevante nelle scienze sociali, soprattutto quale spunto soggettivo per l'avvio di analisi di altro tipo. È in pratica la scintilla che può spingere uno studioso ad occuparsi di una particolare problematica sociale, che appare ai suoi occhi rilevante. Ed è evidente che chi è più abile nell'osservare il mondo contemporaneo è anche maggiormente in grado di comprenderlo. Un aspetto altrettanto significativo e moderno del metodo di Holmes è il fatto che l'intero procedimento di analisi sia pubblico, e quindi verificabile (falsificabile) ed ipoteticamente replicabile da tutti gli interessati. Holmes ricorda spesso che i suoi metodi sono accessibili a chiunque, purché dotato di spirito di osservazione e di capacità di analisi logica. Le sue "sfide" con Watson rendono però evidente quanto queste abilità possano essere diversamente sviluppate nelle persone.

Rovesciando la prospettiva di analisi, e passando ad un settore di studio decisamente meno sviluppato di quello logico-epistemologico, si possono cogliere vari riferimenti - diretti ed indiretti - dell'investigatore londinese alle scienze sociali. Nel quadro delle conoscenze di Holmes, quello delle scienze sociali è un settore che Watson avrebbe potuto classificare come "discreto". In tale classificazione, avvenuta d'altra parte nello fase iniziale della loro amicizia, il dottore appare in realtà concentrato soprattutto sul possesso di nozioni di tipo formale. Solo in questo modo può considerare nulle le conoscenze del compagno di avventure in filosofia, quando sappiamo invece che il quadro del mondo di Holmes è decisamente ben delineato e le sue osservazioni sulla condizione umana acute. Nel campo delle scienze sociali Holmes dispone di nozioni sicuramente non specialistiche, ma senz'altro superiori a quelle dell'uomo mediamente colto. Così enuncia ad esempio uno dei principi fondamentali della scienza sociologica e della statistica: "Mentre un singolo individuo è un enigma insolubile, quando è insieme agli altri diviene una certezza matematica. È impossibile predire il modo in cui agirà un uomo solo, mentre è invece possibile prevedere con esattezza cosa faranno un certo numero di uomini riuniti insieme. Gli individui variano, ma le percentuali rimangono costanti (SIGN)". Anche se è in più di una occasione presente l'impressione di giudizi condizionati dalle convinzioni del tempo, come nel caso di alcune considerazione sulle donne e sui diversi ceti sociali, Holmes appare abbastanza lontano da quel determinismo biologico che contava all'epoca tanti sostenitori. In alcuni passaggi sono comunque indiscutibilmente presenti considerazioni che ci paiono oggi superate e scientificamente insostenibili, come quando stabilisce una relazione tra capacità intellettive e dimensione cranica (BLUE) o accenna all'ereditarietà di alcune caratteristiche comportamentali (BOSC, FINA, EMPT). Nello stesso tempo Holmes appare però nettamente schierato dalla parte della sociologia dell'azione (individualismo metodologico), storicamente contrapposta a quella che pone al centro dell'attenzione le esigenze del sistema sociale: Holmes vede l'uomo come essere libero di effettuare le proprie scelte, giuste o sbagliate, e non imposte in modo coercitivo da una forza esterna esistente indipendentemente dagli individui e che si evolve in base a dinamiche proprie. La principale conseguenza è quella di non perdere mai di vista la responsabilità individuale, giudicando le persone in base alle loro azioni concrete e non in base a dati di tipo ambientale o biologico. Non ci pare sia invece ravvisabile una particolare vicinanza alle correnti sociologiche dominanti nell'Inghilterra di fine Ottocento, l'organicismo/evoluzionismo di Herbert Spencer ed il darwinismo sociale, anche se il clima politico e culturale di un'epoca influenza inevitabilmente una persona che vi vive immersa.

Dato il settore di attività professionale di Holmes, l'argomento di natura sociologica maggiormente trattato è ovviamente quello della devianza. Anche nell'affrontare tale tema trova conferma l'impostazione di fondo appena accennata. Una considerazione prettamente sociologica è ad esempio quella sul rapporto tra devianza e controllo sociale, anche se apparentemente contraddittoria rispetto all'assunto di una correlazione positiva tra densità abitativa e tassi di criminalità: "Lei osserva quelle case sparse e rimane colpito dalla loro bellezza. Io le osservo e il mio unico pensiero è che sono molto isolate e che vi si potrebbe commettere qualsiasi crimine impunemente ["] Mi incutono sempre un certo orrore. Sono convinto, Watson, e lo sono in seguito alla mia esperienza, che i vicoli più squallidi e malfamati di Londra non presentino un più orrendo primato di colpe di quante ne presenti la dolce e sorridente campagna ["] Ma il motivo è ovvio. In città, il peso dell'opinione pubblica può fare quello che non può fare la legge. Non esiste vicolo tanto malfamato che il pianto di un bambino seviziato o il rumore delle percosse di un ubriaco non suscitino pietà e indignazione nel vicinato ["] Ma guardi queste case solitarie, ciascuna sul proprio terreno, abitate in massima parte da gente ignorante che non conosce la legge. Pensi agli atti di diabolica crudeltà, alla malvagità nascosta, che possono continuare, anno dopo anno, in questi posti, senza che nessuno ne sappia niente (COPP)". La concezione holmesiana del fenomeno della devianza sociale è nel complesso abbastanza equilibrata e "moderna": vi è certamente una forte attenzione per il contesto sociale in cui si colloca l'atto criminale, ma lo stesso viene in ultima istanza ricondotto ad una consapevole azione individuale. Rimangono alcune evidenti anomalie e contraddizioni, almeno dal punto di vista dell'osservatore contemporaneo, come gli occasionali accenni all'ereditarietà dei tratti psichici e comportamentali. Questi non ottengono però mai status di spiegazione unitaria del fenomeno criminale, come dimostrato dalla totale assenza di metodi investigativi che si rifanno a tali teorie. Anche quando Holmes emette giudizi sommari e discutibili questi paiono inoltre dettati più dalla sua enorme esperienza personale che dall'adesione acritica alle opinioni socialmente dominanti all'epoca. Nonostante la sua enfasi sulla scientificità delle indagini, quello della fondamentale importanza del senso comune è comunque un argomento che Holmes riprende spesso, arrivando a definire la propria professione "una semplice arte, che non è altro che buon senso sistematizzato (BLAN)".

A differenza delle competenze prettamente tecniche, è difficile individuare un contributo diretto delle scienze sociali alla risoluzione di qualche caso. Ciò non significa però che nell'affrontare le indagini Holmes non sia stato influenzato e favorito dalla propria concezione della società e dell'uomo. La sua è in effetti una delle visioni della realtà umana e sociale meglio definite di tutta la letteratura poliziesca, che coniuga convinzioni di tipo scientifico con altre di natura eminentemente filosofica. Ma nemmeno Holmes dispone di risposte definitive, come egli stesso ci ricorda nell'Avventura della scatola di cartone: "Che scopo ha questo circolo vizioso di dolore, violenza e paura? Esso deve avere uno scopo, altrimenti il nostro universo sarebbe governato dal caso, il che è impensabile. Ma quale? Questo è il grande, immutabile, eterno interrogativo al quale la mente umana è ancora lontanissima dal poter dare una risposta". E a questa filosofia di vita non è estraneo un velo di tristezza e disincanto, che traspare ogni volta che la sue energie intellettuali non sono momentaneamente assorbite da un caso da risolvere: "Ma la vita non è forse tutta futile e patetica? Raggiungiamo qualcosa, l'afferriamo. E alla fine, che cosa ci rimane? Un'ombra. O forse qualcosa peggio di un'ombra: l'infelicità (RETI)".

Indicazioni bibliografiche:

Le letture in chiave scientifica delle avventure di Sherlock Holmes sono innumerevoli. I pochi titoli di seguito elencati sono stati selezionati perché in essi il lato critico-metodologico è prevalente su quello dell'interesse per le avventure dell'investigatore londinese. Si tratta cioè di scritti comparsi in pubblicazioni non esplicitamente destinate alla cerchia dei cultori. Indicazioni bibliografiche più esaustive sulle singole tematiche si possono trovare sul sito The Universal Sherlock Holmes, http://special.lib.umn.edu/rare/ush/ush.html. In lingua italiana un valido punto di partenza è rappresentato dal lavoro di Stefano Guerra ed Enrico Solito I diciassette scalini.

  • Baldini Massimo, "Introduzione" a Gli aforismi di Sherlock Holmes, Newton Compton, 1995, 7-29

  • Baldini Massimo, Karl Popper e Sherlock Holmes, Armando, 1998

  • Berg Stanton O., "Sherlock Holmes: Father of Scientific Crime Detection", Journal of Criminal Law, Criminology and Police Science 61/1970, 446- 452

  • Copi Irving M., Introduzione alla logica, Il Mulino, 1964

  • Eco Umberto & Sebeok Thomas A. (a cura di), Il segno dei tre: Dupin, Holmes, Peirce, Bompiani, 1983

  • Menes Bonnie, "Sherlock Holmes and Sociology", The American Scholar 50/1980, 101-105

  • Musto, David F. "Sherlock Holmes and Heredity", Journal of the American Medical Association 196/1966, 45-49

  • Rehder Wulf, "Sherlock Holmes - Philosopher Detective", Inquiry 22/1979, 441-457

  • Sanders William B. (a cura di) The Sociologist as Detective: An Introduction to Research Methods, Praeger, 1976

  • Truzzi Marcello - Morris Scot, "Sherlock Holmes as a social scientist", Psychology Today 5/1971, 62-86