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L'avventura del minatore mattiniero

di Enrico Solito

- Mi sembra tutto molto chiaro, - sorrise - al punto che spero di ripartire stasera, o domani al più tardi per Londra. Ho solo bisogno di girovagare qua e là per gli uffici, cercando l'ultimo anello. Conto di trovare la prova definitiva tornando in quell'orrendo budello che abbiamo visitato iersera, ma ci converrà farlo più tardi: ci sono ancora dei particolari che mi sfuggono... Lei nel frattempo potrebbe sondare gli umori dei minatori.

Non replicai: conoscevo troppo bene Sherlock Holmes per farlo. Sapevo bene che non avrei ottenuto nulla protestando, e chiedendogli anzitempo quale fosse la soluzione del mistero. Al massimo mi avrebbe rivolto un amichevole sorriso e consigliato di applicare i suoi metodi, che sicuramente conoscevo, ai fatti cui entrambi avevamo assistito. Come i miei lettori ben sanno, non si trattava certo di crudeltà d'animo da parte sua, né di un tentativo di sottolineare la sua superiorità intellettuale: il mio amico aveva semplicemente un suo speciale gusto del colpo di scena, della rivelazione improvvisa e drammatica, che lo portava a preferire il silenzio anche con me fino al momento che egli riteneva più opportuno.

D'altra parte non avevo nessuna intenzione di mettermi a visitare i tuguri dei minatori, col rischio di aizzare i sospetti di quella gente su di noi. Passai perciò la mattinata a rimuginare da solo gli avvenimenti della giornata precedente, ripensando ai pochi elementi che erano scaturiti dal colloquio con Pordees, all'esame delle salme, alla visita alla Galleria Maledetta, come l'avevo ribattezzata tra me e me. Come diavolo aveva capito Holmes se Rodbee era un assassino finito vittima della sua stessa trappola, o un attentatore morto nel suo criminale tentativo? Come poteva sperare di sedare i tumulti cherischiavano di scoppiare? Confesso senza vergogna che gli unici risultati di quel possente sforzo intellettuale furono un'irritante sensazione di inadeguatezza e un terribile mal di testa che mi perseguitò l'intera giornata. Quando infine mi fu chiaro che non ero in grado di cavare il bandolo della matassa mi cavai la pipa di tasca e mi accinsi ad aspettare Sherlock Holmes ammazzando il tempo fumando.

Sarà passata forse mezz'ora quando il mio amico ricomparve.

- Andiamo, Watson? Spero non si sia annoiato troppo ad attendermi.

- Non vorrà dirmi che torniamo davvero laggiù!

- Temo proprio di sì, vecchio mio, in compagnia del direttore in persona. Gli ho detto cosa andavo a fare in galleria, e lui ha insistito ad accompagnarci.

In effetti il Signor Dreeson sembrava non star più nella pelle. Mi resi conto dall'eccitazione delle sue parole, dal tremore delle mani, dal rossore del viso, che l'uomo era in preda ad una forte emozione, che non riusciva affatto a dissimulare. Devo dire che comprendevo l'importanza della questione per lui - un vero attentato in miniera avrebbe significato l'intervento dell'esercito, ulteriori disordini, e comunque terribili fastidi - ma non riuscivo a reprimere un impulso di nausea all'idea che la morte di due uomini passassero per lui in secondo piano rispetto ai suoi problemi. Il direttore ci accompagnò con passo svelto, fino alle gabbie dei montacarichi, poi azionò il meccanismo di discesa, sempre bersagliando Sherlock Holmes di domande cui il mio amico ribatteva con un enigmatico sorriso.

L'ultimo barlume di luce sciabolò dall'estrema fessura tra la gabbia e il pozzo, mentre ci gettavamo nelle viscere della terra: e di nuovo avvertii il fremito di orrore che mi aveva colto all'inizio del viaggio sotterraneo precedente. Ero però in qualche modo preparato a ciò che mi attendeva, perché ricordo che fui meno colpito negativamente dal grande ambiente in cui uscimmo, affollato di uomini e carrelli in movimento. Il direttore ci fece strada senza esitazioni, imboccando il tunnel di raccordo verso la galleria abbandonata. Ci infilammo nel budello nero, sotto l'angusta volta di terra e tra le strette pareti, appoggiandoci ai pali e alle travi che ogni metro si ripetevano, a impedire le frane. Scendemmo fino alla zona delle orme, e poi via via fino allo slargo, quando finalmente potemmo smettere di camminare piegati in fila indiana e potemmo di nuovo guardarci in faccia, alla luce della lanterna.

Ero rimasto molto colpito dal fatto che il mio amico non avesse praticamente avuto occhi per osservare nulla del nostro percorso. Era stata una specie di lunga galoppata in cui Sherlock Holmes non si era fermato un attimo nel seguire il direttore fino alla fine della galleria. Così atipico era stato il comportamento di Holmes, così diverso dal modo di fare attento e indagatore, capace di cogliere ogni indizio che gli si presentasse dinanzi, che ben conoscevo e che egli aveva avuto anche solo la notte prima in quegli stessi luoghi, che compresi che c'era qualcosa di strano in tutta la vicenda. Avvertii una sensazione di allarme, di pericolo, che forse mai avevo avvertita così acuta nella mia vita, escluso il giorno della battaglia di Maywand: e rimpiansi amaramente di aver dato retta al mio amico ed aver lasciato nella valigia il mio fedele revolver.

- Dunque, signor Holmes! - Disse il direttore quando ebbe ripreso fiato. - Lei dice che qui troverà la prova definitiva che tanto cercava. L'ha trovata?

- Non abbia fretta, signor direttore, la prego. In fondo qui non si sta male, nevvero? Mi dia un po' di tempo... Ma lei si sente poco bene!

- No, nulla, grazie.- Disse debolmente Dreeson asciugandosi il sudore dal volto bianco come un cencio. - Dev'essere stato lo sforzo. Non ci sono abituato...

- Certo, capisco. - Fece Holmes con voce tranquilla. - In effetti immagino che i dirigenti abbiano poche occasioni di scendere personalmente in miniera. A proposito, - continuò con un tono di voce dura che mi fece trasalire - mi ha stupito molto che lei ci abbia condotto qui con tanta sicurezza, senza neppure esitare. Io c'ero già stato, eppure avrei avuto dei dubbi. Come ha fatto?

- Ecco... mi avevano descritto il posto: sa, per lavoro io consulto spesso la cartina della miniera.

- Strano. Se l'avesse consultata spesso non avrebbe mai fatto aprire il braccio nuovo così vicino al fiume sotterraneo...

Un morso di tarantola non avrebbe fatto fare al direttore un balzo tale quale quello che fece alle parole di Holmes.

- Cosa...chi... - balbettò, addossandosi alla parete.

- Lei ha i nervi scossi, direttore, mi creda. Dovrebbe riposarsi. Certo che è un brutto periodo per lei, lo capisco...Ad ogni modo ora diamoci da fare: scoviamo questa famosa prova e chiudiamo questa storia.

Alla luce incerta della lampada, Holmes avanzò verso lo smarrito direttore, indicando una zona d'ombra della parete.

- Guardi, direttore. Qui potrà vedere l'impronta di una mano, che ho notato già ieri notte. L'uomo che l'ha lasciata era molto stanco, stranamente stanco per essere un minatore, e si è dovuto appoggiare alla parete per sostenersi. Le dimensioni dell'impronta sono tali da farmi escludere che si tratti della mano di una delle vittime. Dunque deve essere di uno dei due assassini: la sua, direttore, o forse del custode suo complice: se avrà la bontà di darmi la mano controllerò l'impronta e risolveremo questo piccolo dubbio.

- Era questa la sua maledetta prova! - Ruggì il direttore, riprendendosi. - Ma non mi avrà!

Dreeson si era staccato dalla parete a cui era rimasto incollato fino a quel momento, e si era avvicinato all'uscita. Mi mossi per sbarrargli la strada, ma un cenno di Sherlock Holmes mi arrestò.

- Certamente lei crede di aver vinto, signor Holmes. Ma temo che stavolta abbia trovato qualcuno più furbo di lei. E' stato poco intelligente lasciarsi scappare che aveva avvertito la polizia della nostra gita: ho fatto notificare al sergente da parte sua che l'impegno era annullato. Non verrò nessuno a salvarvi, signori: potete smettere di guardare la galleria. O meglio no, osservatela pure. Craksee, vieni qui!

Un ombra si materializzò dal buio del tunnel che ci aveva portato in quel luogo d'orrore e di morte. Il custode, un uomo di media taglia, dalla faccia truce, avanzò nel piccolo spiazzo, con una rivoltella in mano.

- E' stato facile seguirvi direttore, come avevate detto. Bastava osservare la lampada.

- Hai parlato al sergente come ti avevo ordinato?

- Certo. E' stato ben contento di non dover più scendere qui sotto. Dobbiamo ammazzarli come gli altri due?

- Temo proprio che sia necessario. Ha qualcosa da chiedermi prima, signor Holmes? Ai condannati non si nega un ultimo desiderio...

Eravamo in trappola. Mi era purtroppo chiaro che l'astuto stratagemma di Holmes, riportare l'assassino nel luogo del delitto per farlo confessare, fidando sulla protezione nascosta della polizia, si era trasformato in un micidiale "boomerang" che non dava più scampo. Decisi perciò di tentare il tutto per tutto, e mi misi ad occhieggiare il mio amico in attesa di un segnale. Era quasi certamente inutile, ma preferivo senz'altro vender cara la pelle. Sherlock Holmes, dal canto suo, appoggiò con aria noncurante le spalle alla parete, come se la cosa non lo riguardasse. Non mi aspettavo da lui un atteggiamento simile e la cosa mi sconcertò per un attimo, finché non pensai che doveva trattarsi di una manovra per ingannare i nostri nemici: al momento buono l'investigatore sarebbe scattato come una molla nel disperato tentativo di sopraffarli. Raccomandai l'anima a Dio e mi preparai al momento supremo.

- Sì, ho un ultima domanda da farle. - Disse Holmes. - Quando li avete lasciati qui erano solo storditi. Come eravate sicuri che sarebbero morti?

- Quando questa galleria era ancora usata era costantemente invasa dal grisou. C'è un pozzo di aerazione che impedisce che se ne accumuli troppo: quando li abbiamo lasciati quaggiù lo abbiamo bloccato, simulando una piccola frana. Sapevamo che in poche decine di minuti il gas li avrebbe uccisi. Come le ho già detto, quando i cadaveri sonostati raccolti, ho fatto riaprire il pozzo di aerazione.

- E come farete a giustificare la nostra morte? - Chiesi.

- Faremo saltare la galleria, uscendo. Sarete stati vittima dell'ennesima frana: nessuno si stupirà più di tanto. Ma ora basta. Preparatevi a morire.

Uno strano rumore - una specie di schianto, come un albero che si spezza - rimbombò un secondo dopo sotto quelle silenziose volte. Craksee oscillò un attimo, fissandomi stupito con grandi occhi sbarrati: poi rovinò in avanti con la nuca fracassata. Prima che avessi il tempo di capire cosa accadeva, un violento colpo di mazza centrò il direttore all'addome, facendolo piegare in due senza fiato dal dolore. Sherlock Holmes, senza fare una piega, si diresse verso l'angolo opposto del pertugio, prese la lampada appoggiata in una nicchia in alto e con calma si chinò ad osservare il caduto.

- Morto. - Commentò laconicamente. - Ci è andato giù pesante, Pordees.

- Sa com'é, signore: - fece l'omone, che era spuntato inaspettato dalla galleria - avevo un fatto personale con questo qui. E' sempre stato un dannato crumiro.

- Vede, direttore, - disse l'investigatore al nostro mancato assassino - quando avrà smesso di muggire e sarà riuscito ad alzarsi di nuovo in piedi, potrà riflettere sul fatto che io sono un poco meno stupido di quanto lei credesse, e le mie mosse un tantino meno prevedibili. Ora, se non le dispiace, vorrei tornare in superficie: noi cittadini non apprezziamo molto il buio delle gallerie. Fermo, maledizione!

Il grido di Holmes mi riscosse dallo stato di semi-incoscienza in cui mi trovavo. Con un gesto improvviso Dreeson si era portato una mano alla bocca, e prima che chiunque potesse impedirglielo, aveva trangugiato qualcosa. Subito dopo crollò a terra in preda a orribili convulsioni che cessarono dopo qualche secondo. Era morto.

- Andiamo via di qua, Watson. Quest'uomo è sfuggito al boia.

- E' sfuggito alla punizione degli uomini, Holmes. Solo a quella.

- Sì, andiamo via e presto.- Disse Pordees, con aria preoccupata. - Questi scricchiolii non mi piacciono per niente. Non sarebbe la prima frana in questa parte delle miniere.

Non era necessario un avvertimento migliore per metterci le ali ai piedi. Ricordo quel viaggio di ritorno nella buia galleria, quel budello che sembrava non finire mai, come di una lunga corsa fatta senza mai riprendere fiato. In un paio di punti cozzai violentemente nelle pareti laterali, e spesso scivolai nella fanghiglia che coprivaquasi tutto il terreno: ma non mi arrestai neppure un istante, serrando i denti e cercando di non sentire la fatica, né le pulsazioni delle mie povere tempie. Avvertivo sopra il rumore della nostra corsa scricchiolii sinistri, sempre più forti e vicini, e quando eravamo ormai vicini all'uscita della galleria nella grande caverna d'entrata un sordo frastuono cominciò a coprire tutti gli altri rumori.

- La frana! - Urlò con quanto fiato aveva in gola Pordees, senza fermarsi - Correte, se vi è cara la vita!

Un rombo ci seguiva, crescendo e montando come il rumore di una valanga. Il frastuono cresceva sempre di più, come il terrore che mi riempiva l'anima, come la fatica che cominciava ad appesantire le mie gambe, come il ritmo forsennato della nostra disperata corsa. Infine il rombo mi avvolse, insieme al nugolo di polvere e carbone che accecava e soffocava: fui come sollevato da una forza spaventosa e scaraventato in avanti, nel polverone .Chiusi gli occhi, e mi riparai la testa cadendo a terra, in un gesto istintivo quanto inutile, attendendo la frana di roccia che mi avrebbe ucciso. Rimasi lucido ed incredibilmente calmo, questo lo ricordo bene: come ricordo la lunghezza eterna di quel momento, durante il quale ebbi il tempo di ripercorrere, come in un lampo, tutta la mia vita, e di accomiatarmi con un ultimo rimpianto dalle persone che vi avevano svolto un ruolo cruciale...

Ma la frana non arrivò mai. Lentamente, impercettibilmente, il rumore calò e l'aria si fece via via più respirabile. Stupito, alzai la testa e riaprii quegli occhi che credevo mai più avrebbero rivisto la luce. Lo spostamento d'aria causata dalla frana mi aveva catapultato fuori dal tunnel, nella galleria di raccordo. Pordees e Holmes, che mi precedevano nella corsa, tossivano accanto a me: eravamo, incredibilmente, salvi. Mi rialzai con un certo sforzo, osservai i primi minatori che ci correvano incontro, richiamati dal rumore della frana; mi girai con aria stordita ad osservare quello che una volta era l'ingresso al tunnel, ridotto ad un ammasso di detriti, pali spezzati, e polvere di carbone: e persi i sensi.

Mi ripresi dopo pochi minuti, già nelle gabbie degli ascensori, dove mi avevano trasportato. Non dimenticherò mai la sensazione di liberazione che provai quando la gabbia emerse nella luce del pomeriggio, nella benedetta luce del sole morente: il cuore che si allargò alla vista di quello spiazzo fangoso che avevo giudicato orrendo solo quella mattina.

- "E quindi uscimmo a riveder le stelle" - Citò Sherlock Holmes, appoggiandomi una mano sulla spalla. - Tutto bene, vecchio mio? Temo proprio che se un giorno pubblicherà questo caso, i suoi lettori mi perdoneranno difficilmente dall'averla esposta a un pericolo di questa portata.

- Tutto è andato come lei aveva previsto, signor Holmes, - interloquì Pordees prima che potessi replicare - a parte la frana naturalmente. Devo farle i miei complimenti. Ho detto ai minatori che era successa una disgrazia. Se vorrete seguirmi fino alla direzione, vorrei che mi accompagnaste: c'è in corso un consiglio di amministrazione e vorrei portare la notizia insieme a voi.

Nel piazzale la notizia passava di bocca in bocca e i minatori si affollavano agli ingressi per andare a vedere cosa fosse successo. Passammo perciò quasi inosservati e potemmo incamminarci da soli verso la direzione.

- Perchè diamine non mi ha detto nulla, Holmes? - Chiesi.

- Ha tutte le ragioni, Watson. Lei sa che non mi sarei mai permesso con lei un tiro del genere: il guaio è che Dreeson ci è comparso a fianco mentre stavo per parlargliene. Ho dovuto tacere, fidando nella bontà del suo sistema circolatorio. Gli avevo fatto credere che cercavo la prova finale e lui non stava in sé dall'ansia. Contavoproprio su questo, e sul finto errore di fargli sapere che avevo avvertito i poliziotti di seguirci. Capisce, tutta la scena era costruita per drammatizzare la situazione, e farlo confessare.

- Ma perchè?

- Perchè non avevo prove, Watson. Ero certo che fosse il colpevole, ma nessun giudice l'avrebbe condannato sulla base dei miei indizi.

- Ma l'impronta della mano... Avrebbe potuto prenderne un calco!

- Mi fa piacere che anche lei ci abbia creduto. Come attore drammatico non sarei stato poi malaccio... Era tutto falso; non c'era nessuna impronta là sotto. Ho approfittato del buio, dell'ambiente, del senso di colpa del direttore, e il bluff ha avuto successo.

- Un bel rischio però. E se non ci fosse caduto?

- Non aveva scelta: doveva caderci. L'avevo provocato troppo. In realtà non avevo mentito: ero davvero in cerca della prova definitiva. Doveva darmela lui però...

- Come ha capito la verità, Holmes?

- Non è stato difficile. In verità, già a Baker Street mi era apparso chiaro che nessuna delle due versioni stava in piedi. Sia che si trattasse dell'omicidio di un traditore, poi finito in doppia tragedia per una fuga di grisou, sia che fosse avvenuto un tentativo di attentato, c'era un fatto fondamentale cui non si dava spiegazione: che ci faceva un minatore esperto senza maschera in una galleria abbandonata, notoriamente pericolosa? Era evidente che non ci era entrato di sua volontà Quando ho esaminato i cadaveri ho visto che erano puliti. Non avevano tracce di carbone, se non sotto le unghie del vecchio minatore, e non avevano abiti da lavoro. Mi hanno detto che i cadaveri non erano stati toccati: dunque la tragica escursione nella galleria non era stata prevista, ma decisa all'ultimo momento. Ad ogni modo, la prova che quei due erano stati portati in galleria, e non ci erano andati da soli, l'ho avuta subito dopo, quando siamo scesi. Ricorda le orme?

- Certo. Erano di due persone che si recavano verso il fondo. Nessuno era tornato indietro!

- Nessuno che camminasse sul fango. Ma se qualcuno lo avesse fatto sullo sperone di roccia su cui camminavamo noi non avrebbe lasciato tracce. Se rammenta bene, a un certo punto sono sceso anch'io sul fango: io peso almeno quanto dovevano pesare le due vittime, eppure le mie impronte erano molto meno profonde.

- Quindi quelle erano le impronte degli assassini, carichi del peso di quei poveretti che trasportavano dopo averli storditi... sfido che a un certo punto si son fermati a riprendere fiato! Ma qual è il movente di tutta questa storia?

- L'ho scoperto solo stamani, frugando tra le carte del povero Weighton, ed è stato così che ho capito chi erano gli assassini: o meglio, l'altro, oltre il custode. Lui c'entrava senz'altro: aveva mentito per la gola per avvalorare l'ipotesi ufficiale. Seguendo un indicazione trovata tra gli appunti di Weighton sono risalito fino ad un antica mappa nascosta in un vecchio libro sulle miniere inglesi: era rozza e approssimativa, ma ho capito che si trattava di uno schizzo della miniera di Addleton che risaliva a diversi anni fa. L'assassino aveva frugato a lungo tra le cose del poveretto, ma non era riuscito a trovare la mappa.

- Non capisco. La mappa della zona è visibile in direzione...

- Certo, ma ho qualche dubbio che sia del tutto corrispondente alla verità! Vede, pare che circa un anno fa sia stato aperto un nuovo braccio della miniera. Weighton , allora uno dei capi minatori, ebbe il sospetto che si trattasse di una zona pericolosa, e che la Direzione lo sapesse benissimo. Così finse di accordarsi con Dreeson, per intrufolarsi nei suoi uffici e verificare la sua ipotesi. Rodbee doveva essere d'accordo con lui, e penso anzi che il primo ad accorgersi del pericolo debba essere stato proprio il vecchio ed esperto minatore. Comunque sia, nessuno doveva sapere, e il segreto mantenuto a qualunque costo.

- Povero amico mio! - Sussurrò Pordees. - Cosa non deve aver sofferto!

- Dopo diversi mesi di ricerche Weighton trovò la vecchia mappa, radicalmente diversa da quella ufficiale proprio nella zona in questione. Io non me ne intendo molto, ma mi sembra evidente che i nuovi pozzi si avvicinino a una falda d'acqua. Weighton si consulta con Rodbee e infine avverte il direttore di aver scoperto tutto. Questi deve aver finto di cadere dalle nuvole e avrà chiesto di andare a vedere insieme per controllare l'esattezza dello schizzo: poi, appena in galleria, insieme al custode, ha colpito e ucciso.

- Come mai nessuno li ha visti?

- Il direttore è stato attento a scegliere il momento: a quell'ora i minatori erano tutti nei pozzi attivi: non ci sarebbe stato nessuno alla gabbia degli ascensori salvo il custode. L'ingresso della galleria abbandonata è molto vicina a quel punto.

- Weighton avrebbe fatto meglio ad avvertire la polizia, invece di minacciare il direttore...

- Non so, Watson. Era un uomo coraggioso: ha tentato. In fondo, un'inchiesta avrebbe potuto pur sempre essere bloccata. Era una decisione difficile.

Continuammo a camminare in silenzio, fino alla palazzina della direzione. Entrammo seguendo Pordees e camminammo a grandi passi nei corridoi, fino ad una grande porta di quercia, davanti alla quale stazionavano due eleganti commessi.

- Prego signori, prego: il consiglio è in corso, non è proprio possibile... - Disse il primo. Con una specie di ringhio e un paio di parole irriferibili, Pordees lo scaraventò letteralmente contro il muro: senza curarsi degli sguardi terrorizzati dei due poveretti affibbiò un formidabile calcione alla porta che si spalancò di colpo. Holmes mi guardò, e con un gesto mi invitò a seguirlo. Mi sembrava addirittura divertito e devo ammettere che gli sguardi allibiti dei due poveri commessi avrebbero meritato un degno pittore. Fu così che circa mezz'ora dopo esser stati quasi sepolti dalla frana, sporchi e laceri com'eravamo, piombammo nel bel mezzo della riunione del consiglio di amministrazione della Società Mineraria.La grande sala, tutta adornata da enormi grafici e quadri riguardanti le miniere, era occupata da un lungo tavolo ad "u", dietro al quale una diecina di persone dall'apparenza molto rispettabile stava evidentemente ascoltando la relazione di quello che doveva essere il presidente. Dalle reazioni dell'uditorio alla nostra drammatica entrata in scena non faticai a comprendere che quei poveretti credevano di avere a che fare con una vera rivolta dei minatori: e fu solo dopo un efficace discorsetto di Pordees che sembrarono rendersi conto della situazione e delle nostre reali identità. Un silenzio di tomba seguì le dichiarazioni di Sherlock Holmes, che ripeté in sommi capi quanto mi aveva svelato poco prima. Il mio amico parlò concisamente, con una noncuranza che raramente avevo notato in lui in quei cruciali momenti che concludevano un indagine: anche da questo particolare notai che egli era entrato in quella fase di indifferenza e quasi di appagamento, che lo rapiva al termine di un caso in cui aveva profuso le sue energie: per lui quella storia era già terminata.

- Bene, Pordees, - disse il presidente schiarendosi la voce dopo il penoso silenzio che era seguito alle parole del mio amico - spero che naturalmente lei e i suoi non vorrete approfittare di questo spiacevole episodio nelle nostre controversie...

Il minatore sorrise, osservandosi attentamente le unghie.

- Bene, presidente, - ribatté - è ovvio che lo faremo: tanto più che dubito molto che questo, come lo chiama lei, spiacevole episodio, sia stata un'iniziativa personale di Dreeson: voi sapevate che il braccio nuovo non andava aperto!

- Non le permetto...

- E via! Lei non è in grado di assumere questo tono con me. Lasciamo perdere le vostre responsabilità: dimentichiamo il fatto che il direttore non poteva agire di testa sua aprendo il braccio nuovo contro ogni norma di sicurezza: dimentichiamo perfino quello che succederà quando i miei compagni sapranno tutta la storia. Voi, signori, non credete che i risparmiatori avranno qualche problema nell'investire i loro danari nelle azioni di una società il cui consiglio di amministrazione è per intero in predicato di finire in galera?

I rapidi scambi di sguardi, il pallore improvvisamente comparso sul volto degli astanti, i sommessi bisbiglii, mi resero chiaro che Pordees aveva colto nel segno.

- Lei ha qualche idea in proposito? - Disse con voce sommessa il presidente.

- Non vedo problemi. Si può avvalorare la versione di un doppio incidente: il primo a Weighton e Rodbee, il secondo a Cracksee e Dreeson, i cui corpi non possono essere recuperati. In cambio voi chiudete il braccio nuovo, aumentate le paghe, riconoscete la commissione interna e accettate quel famoso pacchetto di richieste sulla sicurezza su cui stiamo discutendo da mesi. In più firmate una ammissione di responsabilità sull'accaduto, a futura memoria. Null'altro.

- Null'altro? - Esplose il presidente. - Ma così ci prendete per il collo!

- Brutta frase per uno che il collo ce lo potrebbe avere nel cappio... scegliete.

- E... lei, signor Holmes, cosa chiede per... cancellare l'episodio?

Il mio amico fulminò l'interlocutore con lo sguardo.

- Il mio premio, signori, è in genere il lavoro stesso. Ma credo che in questo caso farò un'eccezione. Credo che ventimila sterline siano una sufficiente punizione per la vostra impudenza. La mia banca è la Capital & Counties Bank, filiale di Oxford Street. Buongiorno, signori.

Era troppo tardi per tornare a Londra quella sera e così fummo costretti a rimanere ancora ad Addleton per quella notte. Non ce la sentimmo però di rimanere ancora ospiti della direzione dopo quanto era successo: accettammo perciò volentieri l'invito di Pordees a passare la notte a casa sua. La sera ci fu una festa in nostro onore, in quella che era considerata l'osteria locale: una specie di bettola assurta alla dignità di pub, data la carenza di termini di paragone. Dopo numerosi giri di birra con relativi brindisi alla nostra salute, il discorso cadde sulle abitudini sportive locali.

- Lotta e soprattutto boxe...- Dichiarò sorridendo Pordees - Tutte cose che voi londinesi non potete capire!

Sherlock Holmes sussultò leggermente.

- Dieci riprese van bene? - Chiese gentilmente.

Gli urli di gioia dei minatori che ci circondavano mi assordarono per un attimo, mentre Pordees si staccava lentamente il boccale dalle labbra.

- Lei ha voglia di scherzare, signor Holmes: questo non è un gioco da signorine. Io sono il campione locale, da quando ho massacrato Tryson, l'anno scorso.

- Allora van meglio quindici.

La folla di minatori intorno a noi si allargò di colpo e subito venne allestito un ring di emergenza. Ricorderò a lungo quella scena: l'aria soffocante, resa rossastra dal fumo e dai bagliori del fuoco, la folla sudata ed eccitata che si accalcava tutto intorno alle corde, e il clamore assordante che mi frastornava. Ebbi l'onore di essere il secondo di Sherlock Holmes e, dotato di un secchio e di un asciugamano, lo assistevo tra un round e l'altro. Il massiccio Pordees si piazzò al centro del ring, incitato dai suoi, agitando i pugni, pesanti come pietre. Holmes al contrario, gli saltellava attorno stuzzicandolo con dei colpi ai fianchi. Il minatore rispondeva con deicazzotti che avrebbero steso chiunque, ma che non arrivavano quasi mai a segno. La cosa continuò per un pezzo, fino a che Pordees, stizzito, non ebbe la cattiva idea di scoprirsi. Il mio amico gli assestò immediatamente un paio di ganci al volto e un discreto diretto allo stomaco. Infine poté piazzare del tutto incontrastato un micidiale "uppercut" che sollevò quasi da terra l'avversario per depositarlo tra le braccia dei suoi ammutoliti ammiratori.

Negli anni successivi Pordees, divenuto rappresentante laburista della sua contea alla Camera dei Comuni, venne spesso a trovarci a Baker Street, e non mancava mai di far cenno, massaggiandosi dolcemente la mandibola, alla insospettabile abilità boxeristica di certa gente. Quanto a Sherlock Holmes conserva ancora, tra i suoi ricordi più cari, una piccola medaglietta di nessun valore, su cui è rozzamente incisa la scritta: "Al Campione di Addleton".